Ennesimo capitolo nella storia dei conflitti d’attribuzione sollevati di fronte alla Consulta sul caso Abu Omar e il segreto di Stato. La Corte Costituzionale ha accolto i ricorsi della Presidenza del Consiglio contro la Cassazione e la Corte d’appello, annullando i relativi atti e facendo di conseguenza retrocedere il processo penale pendente davanti alla Suprema Corte, dove una nuova udienza è fissata il 24 febbraio. In Consulta si è tenuta l’udienza pubblica sul caso. Assente Giuliano Amato, oggi giudice costituzionale, nel 2007 ministro dell’Interno del governo Prodi e con lui autore del primo ricorso alla Corte Costituzionale per il nodo del segreto di stato. Negli ultimi giorni non erano mancati sulla stampa riferimenti a questa sua precedente posizione che appariva stridere con quella attuale. Ma Amato non c’era.

La storia dei conflitti tra governo e magistrati legati alla vicenda Abu Omar è una costola del caso principale: il sequestro dell’ex imam di Milano compiuto il 17 settembre 2003 da uomini della Cia con un’operazione di “extraordinary rendition”, un protocollo fuori dalle procedure legali applicato a sospetti terroristi. Abu Omar fu portato in Egitto e torturato. La vicenda coinvolse anche uomini dei servizi italiani, finiti sotto processo e condannati, tra i quali l’allora direttore del Sismi Nicolò Pollari. Ma proprio l’iter processuale e l’utilizzo al suo interno di documenti coperti da segreto è stato l’elemento scatenante di una raffica di conflitti tra poteri dello Stato che, a partire dal 2007, hanno visto i vari governi fronteggiare l’autorità giudiziaria di fronte alla Corte Costituzionale. Prodi nel 2007 e Berlusconi nel 2008 si sono fatti promotori di una serie di ricorsi che la Corte ha accolto nel 2009 stabilendo che c’era stata violazione del segreto di Stato da parte dei giudici; e che l’opposizione del segreto non può vietare le indagini, ma impedisce di utilizzare nel processo elementi secretati.

I procedimenti giudiziari, intanto, hanno fatto il loro corso. Per Pollari e per l’altro 007 italiano Marco Mancini, la Corte d’appello di Milano dichiarò il non luogo a procedere. Ma la Cassazione il 19 settembre 2012 ha annullato con rinvio, disponendo un nuovo giudizio di secondo grado, il cui verdetto, giunto il 12 febbraio 2013, è stato di condanna: 10 anni a Pollari, 9 a Mancini. Il governo Monti prima e quello Letta poi hanno quindi avviato nei mesi scorsi altri conflitti. Nel mirino, in sostanza, le sentenze, che ora risultano travolte dal pronunciamento dei giudici costituzionali.

“Se la notizia verrà confermata credo che sia stata ripristinata la legalità costituzionale e riconfermato l’istituto del segreto di stato, restituita credibilità al nostro Paese” dice l’avvocato Nicola Madia difensore del generale Pollari. “Si é altresì evitato – prosegue Madia – che un servitore dello Stato fosse ingiustamente messo in carcere da innocente in relazione ad un’accusa dalla quale non si poteva difendere per il vincolo di segretezza a cui era legato e che non avrebbe mai violato. Neppure al prezzo della sua libertà personale”. 

La linea tenuta in Consulta dagli avvocati dello stato Raffaele Tamiozzo e Massimo Giannuzzi – “la Cassazione ha sbagliato ” – è passata. Ora le lancette dell’orologio processuale tornano indietro, alla prima decisione della Corte d’appello, e i relativi atti risultano annullati: la Cassazione dovrà tenerne conto nell’udienza del 24 febbraio.

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