É un’idea vecchia, del novecento. Così Angelino Alfano – durante un seminario del Nuovo Centrodestra in provincia di Brindisi – boccia il “Jobs Act” di Matteo Renzi. “Il Partito democratico deve avere coraggio. Non ci proponga idee e regole del secolo scorso, il nostro testo è già pronto e la prossima settimana lo offriremo al premier Enrico Letta al quale ribadiremo che il sostegno al governo è legato alla stipula di un contratto che possa fare il bene dell’Italia. La proposta Jobs Act ci sembra molto somigliante a proposte del passato”.  

E se da una parte si conoscono almeno i primi punti del piano per il lavoro che sarà pronto (a detta di Matteo Renzi) solo tra 8 mesi, Alfano, con l’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, rilancia la proposta del Nuovo Centrodestra sulla stessa tematica. “Ci sono profonde differenze con il jobs act di Matteo Renzi, ci sono due visioni diverse”, ha dichiarato Sacconi. “Da parte sua – spiega ai giornalisti l’ex ministro – mi sembra che ci sia un’idea tradizionale della sinistra fatta di molti vincoli per il lavoro, di molte rigidità che non fanno lavoro e dall’altra parte un’idea, un’ideologia della partecipazione ai consigli di amministrazione, mentre noi vogliamo soprattutto la partecipazione agli utili, ai risultati, alla produttività maggiore. Insomma noi vogliamo fare salario e profitti insieme”. Per questo anche Ncd ha ideato un “piano in 10 punti programmatici” che, sotto forma di disegno di legge, verrà presentato a Letta.

“Il nostro piano – spiega Sacconi – si muove su quattro linee. Il primo punto si può sintetizzare così: liberare il lavoro per liberare i lavori. E’ il discorso sulle regole. Semplificare, liberare apprendistato e anche lavoro a tempo indeterminato” ovvero “superamento dell’articolo 18”. Inoltre “va liberata anche la contrattazione in azienda sia a livello individuale che collettivo”. Il secondo punto riguarda la tassazione sul lavoro: “Va detassato il lavoro produttivo per aumentare i salari. Partecipare per guadagnare. Ci riferiamo al salario di produttività”. Terzo punto, “premiare chi occupa per aiutare chi non lavora. Tutti i sussidi possono diventare un premio per il datore lavoro che assume il sussidiato”. Il quarto punto riguarda la “generalizzazione dell’assicurazione obbligatoria” e gli “investimenti sulle conoscenze”. Conclude Sacconi, sfidando il Pd: “Quando se non di fronte a una grande crisi dell’occupazione dovremmo andare oltre il vecchio Novecento liberandoci dai pregiudizi?”

Visioni diverse da quelle che hanno ispirato il piano del segretario Pd Matteo Renzi. “Il Jobs Act – si leggeva nelle enews del sindaco di Firenze – conterrà un singolo piano industriale con indicazione delle singole azioni operative e concrete necessarie a creare posti di lavoro” per questi sette settori: cultura, turismo, agricoltura e cibo; Made in Italy (dalla moda al design, passando per l’artigianato e per i makers); Ict; Green Economy; Nuovo Welfare; Edilizia; Manifattura. Dura sulla carta la linea sulla tassazione del lavoro: “Chi produce lavoro paga di meno, chi si muove in ambito finanziario paga di più, consentendo una riduzione del 10% dell’Irap per le aziende”.

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