“La scuola che vorrei”: inviate denunce di cose che non funzionano e/o proposte per migliorare le cose, in massimo 1.500 battute, all’indirizzo redazioneweb@ilfattoquotidiano.it, specificando nell’oggetto “La scuola che vorrei”

Un grande sondaggio online per immaginare una scuola ideale. Il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza lo ha annunciato in un’intervista a Repubblica, lo metterà in pratica nei prossimi mesi. I temi sul tavolo sono tanti: la formazione e l’assunzione dei docenti, innanzitutto. Ma anche gli sbocchi occupazionali degli studenti, la durata del ciclo di studi e la composizione dei programmi, la valutazione delle scuole e degli insegnanti, la rivoluzione digitale. Per capire in che direzione dovrà muoversi la scuola nei prossimi anni il Ministro vuole sentire il parere di docenti e studenti, genitori e personale ausiliario.

Il Miur sta stilando un questionario di dieci domande, a cui tutti potranno rispondere in forma anonima sul sito ufficiale del Ministero. Ne verrà fuori, citando le parole del Ministro, “la più grande domanda, e mi auguro anche risposta, sulla scuola italiana contemporanea”. Il sondaggio sarà aperto fino a maggio. A giugno verranno pubblicati i risultati, il prossimo settembre il Ministero farà sapere quali conclusioni ha tratto dalle risposte e in che maniera ha intenzione di recepire questi suggerimenti. Il bacino potenziale di destinatari del questionario è stimato in circa 36 milioni di persone. In attesa degli esiti ufficiali, ilfattoquotidiano.it chiede ai lettori di dire la loro sulla scuola che vorrebbero, che siano studenti, genitori, insegnanti, ausiliari. Potete inviare denunce di cose che non funzionano e/o proposte per migliorare le cose, in massimo 1.500 battute, all’indirizzo redazioneweb@ilfattoquotidiano.it, specificando nell’oggetto “La scuola che vorrei”. E rispondere al nostro sondaggio.

LA CARRIERA DEI DOCENTI. Il percorso di formazione e assunzione della classe docente è una delle grandi note dolenti della scuola italiana. Gli ultimi ministri (Profumo prima, Carrozza poi) hanno già chiarito quali dovrebbero essere le linee guida per i prossimi anni: abilitazione attraverso i Tfa (Tirocini formativi attivi) e assunzione per concorsi, da tenere a cadenza fissa. Tuttavia, sciogliere i nodi di dieci anni di caos non è facile. E lo stesso criterio dei concorsi non è condiviso unanimemente: secondo alcuni, non valorizza a dovere l’esperienza maturata sul campo; per altri, è l’unico modo per assicurare una vera meritocrazia. Emblematico a tal proposito lo scontro in atto fra gli abilitati Tfa (i vincitori dell’ultimo concorso di abilitazione) e i beneficiari dei Pas (Percorsi abilitanti speciali, riservati a chi vanta un servizio di almeno tre anni di supplenze). Capire a chi dare priorità è uno degli interrogativi a cui rispondere.

L’AUTONOMIA SCOLASTICA. Carrozza si chiede se l’autonomia scolastica sia “un bene, un’opportunità o un disastro”. In alcuni Paesi, sicuramente, funziona: nel Regno Unito, ad esempio, i singoli istituti hanno enorme indipendenza, decidono a chiamata diretta persino le assunzioni dei docenti. Ma è un modello replicabile in Italia? Oppure, in un Paese dove le disparità sono all’ordine del giorno, dare autonomia alle scuole (magari anche dal punto di vista finanziario) significa accentuare il divario fra Nord e Sud?

IL CICLO DI STUDI. In Italia la scuola dura troppo? La risposta, almeno guardando quanto avviene nel resto d’Europa, sembrerebbe essere sì. Tanto che a novembre il ministro Carrozza ha autorizzato la sperimentazione di un nuovo liceo in quattro anni anche nella scuola pubblica. Una mossa che però ha scatenato non poche polemiche. Senza considerare i tagli al corpo docenti che una simile riforma comporterebbe, in tanti hanno sollevato dubbi sull’opportunità di cancellare un anno di liceo, quando già con la situazione attuale i programmi non vengono completati. Forse sarebbe più opportuna una riforma complessiva dell’intero ciclo, a partire dalla primaria. O magari il percorso dello studente italiano sta bene così: basterebbe migliorarne la qualità, combattere la dispersione scolastica. E non perdere troppi anni all’università…

I PROGRAMMI, LE MATERIE, GLI STAGE. Strettamente legata alla durata del ciclo di studi è anche la questione dei programmi. E delle materie da insegnare. Anni fa Berlusconi aveva lanciato lo slogan della scuola delle tre “I” (inglese, impresa, informatica). Il tema della modernizzazione degli studi è ancora sul tavolo. Da una parte c’è l’oggettiva necessità di avvicinare la formazione al mondo del lavoro (magari introducendo, specie per alcuni corsi di studio tecnici, una maggiore alternanza fra studio sui libri e pratica sul campo). Dall’altra, il rischio di “industrializzare” la scuola, il cui primo scopo dovrebbe restare quello di fornire un’adeguata cultura di base a tutta la popolazione.

LA RIVOLUZIONE DIGITALE. L’ex ministro Profumo avrebbe voluto introdurre i libri digitali già nel 2014/2015, Maria Chiara Carrozza ha deciso un rinvio almeno di un anno. “Le scuole non sono ancora pronte”, ha spiegato. La rivoluzione digitale resta uno dei principali obiettivi del Ministero, ma sulla sua realizzazione pesano ancora tante incognite. Molti istituti non hanno le risorse necessarie per modernizzarsi. Dove dei tentativi sono già avvenuti, confusione è stata fatta sia nella scelta dei supporti, sia per l’impreparazione di docenti (specie quelli più avanti negli anni) e studenti. La rivoluzione digitale, probabilmente, dovrà essere graduale. E c’è anche chi sostiene che gli ebook non potranno mai sostituire pienamente i libri di carta.

LA VALUTAZIONE INTERNA. “I genitori vogliono che le scuole frequentate dai loro figli siano valutate secondo standard internazionali? O ritengono la valutazione una violazione della privacy, un metodo poco significativo?”, si domanda il ministro Carrozza. È un altro dei temi che hanno suscitato polemiche negli ultimi tempi. I test Invalsi approntati dal Ministero sono stati fin qui duramente contestati, sia per metodologia che per efficacia. E gli insegnanti hanno sempre percepito come un’inquisizione l’ipotesi di essere valutati. Ma nel resto d’Europa e del mondo la valutazione interna di studenti, docenti e programmi è parte integrante del sistema scuola.

Grandi temi per grandi dilemmi. Dalle risposte degli italiani potrebbe anche venir fuori il ritratto di una scuola moderna, con docenti qualificati e soddisfatti del proprio mestiere; studenti assistiti e accompagnati all’ingresso del mondo del lavoro o della formazione universitaria. Strutture all’avanguardia, laboratori. Possibilità di stage realmente formativi e programmi in grado di dare una cultura di base completa. Per tutti. Poi, però, per realizzare tutto questo ci vorranno i soldi. Quelle risorse che alla scuola italiana sono sempre mancate negli ultimi anni. Altrimenti la grande costituente resterà solo la scuola dei sogni. E nulla di più. 

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