“Nella coalizione di governo i socialdemocratici decideranno sui temi sociali più importanti”, ha scritto entusiasta il settimanale tedesco Die Zeit prima di Natale, sottolineando che “il terzo esecutivo Merkel appare piuttosto come un primo governo Gabriel”. In effetti Sigmar Gabriel, presidente dei socialdemocratici della Spd, ha ottenuto il nuovo ministero dell’Economia e dell’Energia, che si occuperà di riforme economiche e dell’attesa Energiewende, la svolta energetica tedesca. Mentre un altro ministero chiave, quello del Lavoro, è andato all’ex segretario generale della Spd Andrea Nahles.

“La Spd ha lasciato a Wolfgang Schäuble (Cdu) il ministero delle Finanze”, continua Die Zeit. “Si tormenti pure Schäuble nelle lunghe riunioni notturne a Bruxelles. Nel frattempo la Spd si preoccuperà di modernizzare il Paese”. Il significato del patto siglato dai socialdemocratici con Angela Merkel e riassunto nelle 185 pagine del contratto di coalizione sta tutto qui: la Spd non disturberà il manovratore sulle politiche europee e finanziarie, saldamente in mano a Schäuble, come nel precedente governo Merkel, e in cambio avrà una certa autonomia sulle politiche economiche e sociali a livello nazionale. Tradotto per i Paesi del Sud Europa significa una cosa sola: sull’austerity la Germania non si muoverà di un millimetro.

“Nel contratto di coalizione si legge chiaramente la subordinazione della Spd alla Cdu di Angela Merkel per quanto riguarda la politiche economiche europee”, spiega Sven Giegold, europarlamentare dei verdi tedeschi. “Il fondo europeo di rimborso per i debiti sovrani – proposto alla fine del 2011 dal consiglio tedesco degli esperti economici – era presente nel programma della Spd, ma è scomparso nell’accordo di coalizione. Cdu e Spd hanno fatto capire chiaramente che qualsiasi forma di solidarietà sul debito è incompatibile con il principio di responsabilità dei singoli Stati.

La grande coalizione non porterà alcun sollievo alle misure di austerity e nessun tipo di solidarietà sui debiti pubblici dei Paesi europei”, rincara la dose Bernd Riexinger, leader del partito di sinistra Die Linke, che assieme ai verdi costituisce la magra opposizione al governo Merkel (in tutto 127 seggi su 631). “Con la grande coalizione ci sarà sicuramente una continuazione delle devastanti politiche di austerity che hanno trasformato parti dell’Europa in un deserto a livello sociale”, ha dichiarato Riexinger a ilfattoquotidiano.it. “Il modello economico tedesco è basato su un settore industriale altamente produttivo, fortemente orientato ai mercati globali, che crea surplus di produzione in modo permanente. Ciò è possibile solo perché negli ultimi anni i nostri salari sono saliti molto più lentamente rispetto alla media europea. Con questo modello economico portiamo i nostri vicini europei alla rovina e allo stesso tempo marginalizziamo milioni di persone in Germania”.

Per Riexinger la soluzione dei problemi europei partirebbe proprio dalle politiche economiche interne tedesche: “Chiedendo pensioni, salari e benefit sociali più alti in Germania contribuiamo anche a un cambio in Europa, perché condizioni sociali più eque nel nostro paese renderebbero più competitivi i nostri vicini”. Ma è proprio sulle politiche sociali ed economiche interne che potrebbero verificarsi i primi scontri all’interno della coalizione. Anche perché le promesse della Spd – in particolare sulle pensioni – si scontrerebbero con la mancanza di risorse, a meno che non si decida per un aumento delle tasse, il piatto forte della campagna elettorale socialdemocratica, che è però un tabù assoluto per Angela Merkel e i suoi colleghi di partito.

“Il pensionamento a 63 anni (invece che a 67 per chi ha 45 anni di contributi) sbandierato come grande vittoria dalla Spd e il riconoscimento dei contributi figurativi alle madri in età da pensione, per gli anni in cui hanno accudito i figli, costeranno 852 miliardi di euro in più rispetto a quanto è già stato preventivato. Sette volte l’impegno della Germania nel programma di salvataggio dell’Euro”, ha dichiarato a ilfattoquotidiano.it Nicola Beer, nuovo segretario generale dei liberali della Fdp.

“Come si troveranno queste risorse addizionali? Se non si aumenteranno le tasse a farne le spese saranno ancora una volta i giovani e i lavoratori”. Per la Fdp, esclusa dal Bundestag nelle ultime elezioni ma in recupero nei sondaggi, la Germania non avrebbe più un piano chiaro sulle politiche da adottare, nemmeno a livello europeo: “Sulle politiche europee non c’è un percorso visibile”, continua Beer, “il contratto di coalizione è solo una sommatoria di dichiarazioni di intenti. In futuro la politica europea della Germania dipenderà dall’umore della grande coalizione e questo trasformerà il nostro Paese – fino ad ora motore della stabilità e delle riforme – in un interlocutore imprevedibile”.

Per i Paesi del Sud Europa, che avevano sperato fortemente nella mediazione socialdemocratica sui temi europei all’interno della grosse koalition è uno scenario deludente. Se la Spd non rialzerà la testa sull’Europa nei prossimi anni la musica non cambierà: nelle “lunghe riunioni notturne a Bruxelles” il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble continuerà ad intonare il mantra dell’austerity. Con l’avallo silenzioso dei socialdemocratici.

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