Scena di vita vista e vissuta direttamente. Piazza in centro di una delle maggiori città italiane del Nord; quartiere residenziale, zona ben abitata. Due eleganti signori sopra i 60 anni, che non si conoscono tra di loro, passano di fianco ad una mendicante, anch’ella non più di primo pelo. Non riesco a darle un’età con la precisione approssimativa con cui immagino l’età dei due signori perché si sa che i mendicanti, segnati dalla vita, spesso sembrano più anziani di quanto siano in realtà. Ma certo la signora ha un’età avanzata. Proprio mentre viene affiancata dai due signori, alla mendicante squilla il cellulare. Ed inizia a parlare: riconosco la sua parlata, è bosniaca. I due signori si fermano nello stesso preciso istante, in maniera indipendente, quasi fossero coordinati: la guardano con aria di disprezzo e le gridano in faccia: “Brava, sempre qui a chiedere soldi e poi hai il telefonino…ma chi credi di prendere in giro?”. Voltano le spalle e se ne vanno, non senza lanciarle un’ultima occhiataccia di reprimenda.

Siamo curiosi, noi italiani: anche all’estero ci riconoscono il fatto di essere particolarmente solidali e pronti a correre in soccorso di chi è in difficoltà, ma rimango convinto che spesso non riusciamo a riconoscere pienamente i diritti dei poveri che vadano oltre la mera sussistenza e sopravvivenza.

Pensateci bene: in questi anni di crisi abbiamo assistito ad un progressivo impoverimento della popolazione e ad un crollo dei consumi, tra cui quelli alimentari e per spese mediche, mentre nel contempo il mercato della tecnologia continua a fiorire. Cellulari, tablet, pc: non abbiamo mai smesso di comprarli, nonostante le difficoltà economiche che mordono sempre più ferocemente. Certo, l’analisi più immediata è che siamo consumisti e non compriamo con coscienza: quella più ponderata ed analitica è che, per il tipo di vita odierno, probabilmente certi strumenti sono diventati “beni di prima necessità” quasi alla pari del cibo, in quanto ci permettono accesso ad informazioni, servizi, contatti etc.., ossia beni primari della nostra esistenza che vanno inseriti nel paniere dei generi indispensabili.

Ma questo vale solo per noi, non certo per la povera mendicante. Quando diamo un euro di elemosina a qualcuno, nella nostra testa scatta il meccanismo, odioso e classista, che quei soldi debbano per forza servire per comprare da mangiare. Insomma, il nostro contributo ha valore solo se serve a combattere la fame e la povertà più aggressiva. Ma le persona umana, anche la più povera, si nutre di affetti e relazioni personali: e pertanto trovo del tutto legittimo che una mendicante usi il denaro raccolto durante la giornata per pagare la bolletta del telefono che le permette di mantenersi in contatto con i suoi cari, che vivono magari a Sarajevo e che la signora forse non vede da anni. Una telefonata con una sorella lontana può riempire e realizzare una persona umana più di un pezzo di pane?

Siamo alle solite, vale la doppia morale. Noi cittadini con minori disagi economici abbiamo il diritto di evolverci, cambiare preferenze e priorità di consumo e ci dimostriamo in tal modo dei moderni esseri umani che stanno al passo coi tempi. Una povera signora che prende freddo tutto il giorno all’angolo della strada chiedendo aiuto deve consolidare la sua condizione “primitiva”, accontentandosi di avere un tozzo di pane da mettere sotto i denti ed un tetto dove ripararsi: tutto il resto gli è precluso perché altrimenti fornisce l’impressione di stare utilizzando in maniera non consona quelli che – diciamocelo – sono in fondo i nostri soldi, a lei gentilmente concessi. Per tirare a campare, senza che possa minimamente pensare di concedersi qualche piccolo “lusso”, se così vogliamo chiamare il parlare coi propri cari distanti centinaia di chilometri.

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