I sindacati in ordine sparso sull’operazione che ha permesso a Fiat di acquisire il 100% di Chrysler. Mentre Cisl e Uil plaudono alla strategia di Sergio Marchionne e parlano di “notizia molto positiva”, è più cauto il segretario Cgil Susanna Camusso. Anche perché c’è chi ha poco da festeggiare: 174 lavoratori dell’indotto di Termini Imerese hanno cominciato il 2014 ricevendo una lettera di licenziamento. Pur parlando di “un fatto di grande rilevanza”, la sindacalista incalza l’azienda: “E’ indispensabile che Fiat dica cosa intende fare nel nostro Paese, come gli stabilimenti italiani possano trovare la loro collocazione produttiva nel gruppo”. E avverte che i modelli di qualità con cui il marchio è presente sul mercato globale “da soli questi non garantiscono un futuro agli stabilimenti italiani”. Per questo è necessario che gli investimenti “siano finalizzati a progettare nuovi modelli da lanciare sul mercato in grado di saturare la capacità produttiva italiana”.

Di altro tono la reazione di Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl: se il Lingotto è ora un “gruppo globale”, è il suo ragionamento, è anche merito dei sindacati italiani. “Spero che adesso – afferma Bonanni – l’opinione pubblica italiana riconosca l’errore di aver bistrattato la strategia di Marchionne e l’azione responsabile della Cisl e degli altri sindacati in questi anni difficili per il settore auto nel nostro paese ed in Europa”. E si mostra ottimista anche per le ripercussioni sul sistema Italia: “La Fiat avrà certamente più risorse da destinare agli investimenti in Italia, con positive ricadute anche per l’indotto. Sul piano produttivo tutti sanno che gli stabilimenti negli Stati Uniti sono saturi, quindi ci saranno ampi margini di produzione per tutti gli stabilimenti italiani attraverso i nuovi modelli già annunciati di alta gamma, ma anche per la 500 e gli altri modelli”.

Sulla stessa linea, il collega Luigi Angeletti della Uil: “E’ un evento storico. Finalmente avremo una società globale in grado di reggere i prossimi decenni sul mercato automobilistico mondiale”. E anche il leader Uil si compiace all’idea di nuovi investimenti nel nostro Paese: “Un’azienda forte, solida dal punto di vista finanziario avrà risorse per investire anche in Italia, vendere su tutti i mercati e garantire tutti i posti di lavoro”. 

Eppure, mentre i vertici sindacali parlano di svolta positiva per i lavoratori italiani, 174 dipendenti dell’indotto di Termini Imerese hanno perso il posto. Hanno ricevuto le lettere di licenziamento gli operai della Lear e della Clerprem, aziende che ruotavano attorno all’impianto siciliano, specializzate nella produzione di sedili e imbottiture. Le ditte hanno dato esecuzione alle procedure di licenziamento collettivo a valere dal primo gennaio. Per la mobilità c’è tempo fino al 7 gennaio e non c’è possibilità di sforare, pena la perdita di una parte dell’indennità, che corrisponde a 850 euro per il primo anno, 650 per il secondo, rispetto a uno stipendio di 1400-1500 euro. “Fa rabbia“, spiegano i lavoratori all’agenzia di stampa Agi, l’entusiasmo di Sergio Marchionne dopo l’operazione Chrysler, “mentre qui cancellano operai e la storia industriale di Termini Imerese”.

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