Il mistero dell’oro di Dongo (SmashWords, 2012, 148 pp, 10 euro) è il titolo del romanzo d’esordio di Paolo Di Vincenzo, già colonna delle pagine cultura e spettacoli del quotidiano Il Centro di Pescara. In storiogfrafia, per “oro di Dongo” s’intende l’ingente carico di valori e preziosi che i fascisti e i nazisti portarono con loro scappando lungo le rive del lago di Como, alla fine dell’aprile 1945. Difficile stimare l’entità di questo tesoro: fondi erariali, beni personali dei gerarchi fascisti e nazisti, più di 60 chilogrammi d’oro, estorto a centinaia di migliaia di italiani. E, forse, anche il carteggio completo Churchill-Mussolini, ancora inedito, che potrebbe cambiare la storiografia d’Europa.

Impossibile, a oggi, sapere che fine abbia fatto il famigerato “oro di Dongo”. Lo storico Gianfranco Bianchi, ha suggerito che sia stato depredato dagli abitanti dei dintorni del Lago di Como nel momento in cui gli stessi gerarchi, per salvarsi la pelle, lo nascosero nelle abitazioni del luogo, immaginando poi di tornare a prendersene una larga parte. Il caso volle che quegli stessi gerarchi, da lì a poche ore, sarebbero stati fucilati. Per quanto la spiegazione di Bianchi sia credibile, non si hanno a oggi prove storiche sufficienti per poter dire che tutto andò in questo modo. Ecco che il destino dell’oro di Dongo è considerabile – così come suggerisce lo stesso Di Vincenzo –  come il primo vero grande mistero della Storia della Repubblica italiana.

Proprio partendo da questo enorme punto interrogativo, Paolo Di Vincenzo ha pensato bene di costruire un thriller mozzafiato ambientato ai giorni nostri. Protagonisti sono due coniugi molto innamorati: Marino e Paola Picucci. Marino è un giornalista dell’Adriatico, “bravo ma non famosissimo” (49) alquanto scoglionato dal suo lavoro di redazione, che non vede l’ora di potersi mettere a fare un’inchiesta coi fiocchi, che lo conduca a cambiare vita. Paola è la sua intelligente moglie, docente di Storia contemporanea, che lo aiuterà in tutta la vicenda della ricerca dell’oro di Dongo. Aiutano i due protagonisti una paio di altri personaggi molto ben delineati per quanto credibili: Gina Matera, abilissima donna poliziotto con un passato da stagista nello stesso quotidiano di Marino, poi lasciato “per trovare un lavoro vero” (32) con la benedizione stessa di Marino. Attilio Gallucci, questore di Pescara, funzionario più intelligente della sua posizione, che fungerà da angelo custode dello spericolato giornalista.

Poi, un parterre di antagonisti degni di questo nome: Heinrich Thode, il teutonico braccio violento dei cattivi, Vito Di Daniele, oscuro faccendiere, Margherita Gredi, pupara che tira le fila di tutta la malintenzionata compagine. L’autore ci mette sulla pagina un’Italietta di provincia assai credibile, in cui è possibile trovare il meglio e il peggio del popolo italiano, con le sue loggette zozze e i suoi cittadini per bene, e qui si risentono gli echi del miglior Flaiano, altro maestro pescarese di Di Vincenzo, con la sue geniale epigrafe agli italiani del “Teniamo famiglia“.

I nostri eroi buoni sono messi sulle tracce dell’oro di Dongo dai cattivi e accettano la sfida certamente anche per la promessa della ingente ricompensa in denaro “a occhio e croce 900mila Euro” (99) ma soprattutto per risolvere uno dei maggiori misteri della Storia italiana. Di Vincenzo mette in mostra la penna del giornalista colto e consumato, di ottime letture, che si è fatto conquistare dai saggi storici di Pierre Milza, citati anche come fonte da parte del personaggio di Paola, e che sa descrivere gli elementi essenziali di un racconto. Colpisce infatti non solo la pulizia della prosa, sprovvista di aggettivi o avverbi inutili, ma anche la precisione da orologiaio nel riportare tempi di percorrenza, dettagli, osservazioni minute di circostanze che, a prima vista, parrebbero secondarie e che invece sono poi la base su cui lo scrittore sviluppa la sua trama thriller.

Non poteva mancare D’Annunzio nel pantheon di Di Vincenzo, anche considerando l’importanza che il Vittoriale ebbe nella storia degli ultimi giorni della famiglia Mussolini. “Nel mio romanzo c’è un 80% di racconto storico, fedele a ciò che è stato documentato, e un 20% di finzione narrativa, che poi costituisce l’ossatura del mio giallo“, spiega Di Vincenzo. Un perfetto romanzo ucronico in salsa gialla, insomma, credibile e avvincente in ogni sua componente. Un ottimo esordio, davvero, che fa sperare che la scelta dello stesso Di Vincenzo di licenziarsi dopo 25 anni di lavoro di redazione da Il Centro, sia una scommessa con la vita molto ben collocata.

Il libro, “pubblicato come e-book per non distruggere né un albero e nemmeno una foglia” come dice lo stesso autore,  è disponibile per tutti i formati elettronici al prezzo di 3,88 Euro. Per gli amanti della tradizionale copia di carta, è poi possibile comprare l’oggetto profumato di cellulosa dal sito di Amazon. Colpisce che l’editore, SmashWords, non sia italiano ma statunitense.

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