Succedde tutto in pochi minuti. All’alba del sette dicembre. Giorno di Sant’Ambrogio. Per i milanesi è festa. Alla Scala è in programma la prima. Arriveranno personalità e capi di Stato. Da ore lo stupro si è già consumato. In via Clitumno 11, all’angolo con via Padova, una donna viene massacrata di botte, minacciata con un coltello e poi violentata, il volto schiacciato contro il muro. Sono le quattro del mattino. Catalina, 18enne di origini moldave, ha trascorso la serata alla discoteca Bambu di via Padova. Era insieme a un gruppo di amiche. Uscita dal locale, saluta e torna verso il suo appartamento di via Clitumno 14. Qui si siede fuori dal portone. Attende la coinquilina. In quel momento un uomo la prende e la trascina qualche metro. Le urla: “Stai zitta o ti ammazzo”. Quindi il serramanico alla gola, le ordina di spogliarsi. Catalina si rifiuta. Risultato: l’uomo le sbatte la testa contro il muro. Una, due, tre volte. Quindi la violenza. Alle quattro e mezzo, la prima chiamata alla Centrale operativa dei carabinieri. Sul post i miliatri identificano diversi extracomunitari. Nel frattempo, la ragazza viene trasferita al soccorso violenza sessuale della clinica Mangiagalli. Poche ore dopo racconta tutto ai carabinieri. Spiega e sporge querela. Il 13 dicembre 2013, i carabinieri fermano un uomo. Si tratta di un marocchino di 27 anni. Il 19 dicembre 2013 il giudice Giuseppe Gennari convalida il fermo in carcere per Naim Yassine. A incastrarlo la prova del Dna e i video di una telecamera di sicurezza di un Compro Oro in via Clitumno 18.

L’inchiesta corre decisa. Catalina racconta di un ragazzo che “parlava italiano, dall’aspetto curato e di corporatura normale”. Maggior indizi arrivano dalle telecamere del Compro-oro. Tra le 4 e 20 e le 4 e 23 del 7 dicembre, infatti, viene ripreso “un uomo di corporatura alta e snella che indossa jeans scoloriti, un giaccone imbottito e porta uno zaino scuro con spallacci larghi”. Si tratta dello stesso uomo che due ore dopo, alle 6 e 43, viene ripreso uscire dal civico 14 di via Clitumno.

Questi gli accertamenti nei giorni sbuito successivi allo stupro. Il 13 dicembre il marocchino Naim Yassine viene fermato all’incrocio tra via Clitumno e via Padova. Indossa lo stesso zaino e la sua corporatura corrisponde a quella dell’individuo immortalato nelle riprese. Nello zaino, poi, i carabinieri trovano un coltello. Portato in caserma, Yassine “firma gli atti con la mano sinistra, la stessa con la quale l’aggressore aveva trascinato la ragazza”. Nel frattempo, gli investigatori raccolgono due mozziconi di sigarette fumate dall’uomo e un fazzoletto usato per tamponare una piccola ferita. Saranno elementi decisivi per la comparazione con il Dna. Vengono, poi, richiesti al giudice l’acquisizione dei tabulati telefonici del cellulare del marocchino. Le celle agganciate fin da subito risultano compatibili con i luoghi dell’aggressione. Anche gli orari coincidono. A chiudere il cerchio, poi, ci sono gli accertamenti sul Dna. Quello di Yassine, ragiona il giudice che cita i risultati della perizia, coincide “al di là di ogni ragionevole dubbio” con quello trovato sui vestiti della vittima. Dopo il fermo, il marocchino, che parla un perfetto italiano, ha reagito con estrema calma negando il fatto su tutta la linea e invocando un imporbabile errore di persona. 

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