Fra le peggiori illusioni che gli Italiani hanno subito negli ultimi vent’anni c’è quella del maggioritario. La promessa era quella di una democrazia finalmente funzionante basata sul principio dell’alternanza. Il principio, più degno di un gioco a carte che di un esercizio democratico, era quello “chi vince prende tutto”. In tal modo si sarebbe finalmente messa l’Italia a pari con le “grandi democrazie occidentali”. 

L’occasione fu fornita dalla crisi epocale del sistema politico internazionale alla fine degli anni Ottanta. Dopo decenni di gravi errori, il socialismo reale andava al macero sotto l’egida di Gorbaciov. Sarebbe stato il momento opportuno per attuare finalmente in ogni sua parte, nel contesto di un nuovo ordinamento cooperativo e solidale del pianeta, la Costituzione repubblicana e dare vita a una fase qualitativamente superiore della partecipazione democratica.

Invece, purtroppo per noi e per la democrazia, si scatenò la detta schiera di coloro, politologi e loro seguaci in ogni parte del sistema politico, che ritennero fosse venuto il momento di trapiantare anche da noi un bel sistema maggioritario, ad alternanza pendolare fra due partiti, non di più.

Ci furono referendum, con i quali, traendo spunto da una serie di effettive inadeguatezze e concrete problematiche venute alla luce con Tangentopoli e altri fenomeni deteriori, gli ideologi del bipolarismo indussero il popolo italiano a buttare il bambino con l’acqua sporca. Forti di questa pretesa legittimazione popolare i partiti dominanti si lanciarono in una serie di sperimentazioni, tutte fallimentari, che durano ancora oggi.

Ma la realtà ha la testa dura, ben più dura delle teorie importate da situazioni completamente diverse dalla nostra per storia e cultura. La stabilità governativa continua ad essere una chimera. La frammentazione politica e partitica continua a prodursi, anzi ha subito un’ulteriore accelerazione. Gli apprendisti stregoni hanno fallito ma continuano a pontificare, anche dagli scranni più alti.

Peggio ancora: si è avviato il processo di esclusione dalla rappresentanza democratica di consistenti minoranze e si è incentivato il fenomeno dell’assenteismo elettorale. Lorsignori, potenti e chierici, possono ben sentirsi soddisfatti. A questo punto tanto vale abolire il Parlamento che infatti, come notava qualche giorno fa sul manifesto Gaetano Azzariti, è già ora un organo impotente, incapace di assolvere le sue funzioni istituzionali.

Per salvare quest’organo dalla sua impotenza non servono i marchingegni artificiosi. Bisogna invece che il popolo recuperi la sua affezione nei confronti del Parlamento e che quest’ultimo recuperi la sua centralità: a tale fine sarebbe opportuno che ognuno potesse votare chi gli pare, senza soglie di sbarramento, premi di maggioranza e liste bloccate.

Ci vorrebbe, in altri termini, un proporzionale puro. Come momento iniziale di una battaglia, tutta da combattere, per restituire centralità decisionale alle istituzioni imponendo ad altri poteri reali, sprovvisti di legittimazione democratica, di battere in ritirata.

La recente sentenza della Corte costituzionale sul Porcellum, dichiarando l’incostituzionalità di premio di maggioranza e liste bloccate, si muove nella giusta direzione. Ma occorre attenderne le motivazioni per formulare al riguardo un giudizio completo. Resta viva l’esigenza di un sistema elettorale democratico, quindi proporzionale, che consenta alle istituzioni rappresentative di essere specchio effettivo della società.

Com’è stato affermato nel corso di un importante convegno cui ho avuto occasione di partecipare ieri mattina, l’essenza della democrazia è nel  conflitto sociale mediante il quale ottenere  il conseguimento di nuovi e più avanzati livelli di progresso e benessere per tutti. Lo aveva capito secoli fa Niccolò Machiavelli. Non lo vogliono capire i teorici scarsamente originali e pedissequi imitatori di altrui esperienze i quali, inseguendo l’astruso ideale di un sistema politico efficiente e di una governabilità fine a se stessa, finiranno per reclamare l’abolizione tout-court di democrazia, Parlamenti e, soprattutto, popolo sovrano, che vorrebbero ridotto ad una plebe informe e priva di diritti.

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