Il contratto parlava chiaro: “Sesso almeno quattro volte al mese in cambio di 36mila euro annui”. A stipularlo è stato l’assessore alla Cultura della Regione Abruzzo, Luigi De Fanis, con la sua avvenente segretaria 32enne. I termini erano scritti nero su bianco e accettati dalla ragazza: l’assessore pretendeva di “stare insieme” a lei una volta a settimana, in cambio di 3mila euro al mese. Che si andavano ad aggiungere ai 1.200 garantiti dal contratto, quello regolare, come segretaria particolare. Un incarico ricevuto direttamente da De Fanis, senza passare da nessun concorso pubblico.

Il politico del Pdl è stato arrestato lo scorso 12 novembre con l’accusa di aver chiesto tangenti a un imprenditore in cambio di contributi pubblici (leggi), proprio insieme alla sua assistente finita ai domiciliari. Il contratto è spuntato fuori dalle carte sequestrate in casa della donna, in un piccolo paesino della provincia di Chieti. E’ qui che gli uomini del Corpo forestale dello Stato, durante la perquisizione a metà novembre, si accorsero di quei fogli ridotti a pezzettini. Ci sono volute settimane per rimetterli insieme e scoprire cosa nascondessero.

Anche la segretaria durante l’ultimo interrogatorio di alcuni giorni fa ha ammesso di averlo firmato: “Voglio uscire da questa storia, sono additata da tutti come quella lì e io non ha fatto nulla: però non ho preso un centesimo di quelle tangenti e ignoro cosa sia successo…”, racconta la segretaria ai pm, come riportato da la Repubblica. “L’assessore era ossessionato da me… – continua nel verbale – mi ha costretto a firmarlo. Io non ho potuto rifiutare. Ho avuto paura…”

Ma oltre alla confessione ci sono le intercettazioni. Da qui emergono i particolari e gli oneri da rispettare. “Vai a timbrare, poi esci e vai a farti bella…. ” , ordinava De Fanis. Non sapendo che gli investigatori tenevano drizzate le orecchie sul suo telefono. “Poi ritorni e timbri. Basta che fai quattr’ore… Chi ti conta la jurnata… capit?”.

Adesso, sulle sue spalle pesa anche l’accusa di peculato. Nelle carte dell’inchiesta è scritto che “avrebbe utilizzato con la segretaria la macchina della Regione per viaggi privati a Roma e a Bologna dissimulando le finalità esclusivamente personali dietro la finalità istituzionale”.

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