Tutta colpa di Diogo Feiro, eurodeputato portoghese del Partito popolare. Mentre il presidente della Bce Mario Draghi parlava di “ripresa ancora fragile”, tassi bassi e momento “decisivo” per procedere con l’Unione bancaria, all’Europarlamento è arrivata la fatidica domanda: “Nel caso in cui uno Stato avesse bisogno di un periodo di transizione per uscire dal programma e accedere ai mercati, che tipo di condizioni saranno imposte in futuro?”, ha chiesto.

E la risposta del numero uno della Banca centrale europea ha fatto saltare dalla sedia in ordine sparso il primo ministro Pedro Passos Coelho, la ministra delle Finanze Maria Luís Albuquerque, l’opposizione al governo e buona parte dei media e dei cittadini portoghesi. Mario Draghi ha infatti sottolineato che con ogni probabilità Lisbona dovrà intraprendere un nuovo programma di austerità per un “periodo transitorio” in modo da agevolare il ritorno sui mercati nel giugno 2014.

E questo nonostante al palazzo di São Bento non si era affatto esclusa l’ipotesi di “un’uscita pulita”, come quella avvenuta a Dublino lo scorso 15 dicembre. Soprattutto dopo che l’Esecutivo annunciava il risultato positivo del decimo esame della Troika sull’attuazione del programma di rientro per il prestito di 78 miliardi concesso nel 2011. Insomma gli uomini in nero hanno ben apprezzato le misure anticrisi adottate dal conservatore Passos Coelho, aggiungendo che gli obiettivi di bilancio sono stati raggiunti e che a fine 2013 sarà possibile portare al 5,5 per cento, come richiesto, quel disavanzo di bilancio.

Le parole di Draghi a Lisbona sono perciò suonate un po’ come una beffa, se la possibilità sarà quella di una nuova iniezione di liquidità (bailout) da parte della Troika attraverso una “linea di credito precauzionale”. Così da Bruxelles la polemica si è spostata in Parlamento dove tutta l’opposizione di sinistra ha chiesto spiegazioni al governo, che aveva negato qualsiasi negoziazione di aiuti extra con l’Ue. E il segretario del partito socialista António José Seguro ha tirato in ballo anche il capo di Stato Aníbal Cavaco Silva: “Quello che è successo è molto grave e il presidente della Repubblica dovrebbe pronunciarsi sulla questione, obbligando il primo ministro a spiegare pubblicamente se il governo portoghese sta negoziando o meno con le istituzioni europee”, ha detto ai giornalisti.

Passos Coelho la scorsa settimana aveva infatti assicurato che non si sarebbe affrontato il tema almeno fino alla fine di gennaio. Ma le parole di Draghi sembrano già contrastare con la posizione dell’esecutivo di Lisbona, che parlava appunto di “un’uscita all’irlandese”. Tant’è che l’opposizione ha prima lanciato il sospetto di qualche tipo di negoziazione occulta tra la Bce e il premier portoghese, poi ha detto chiaro e tondo che questo tipo di notizie “creano incertezza e instabilità”.

Parole che richiamano un duro editoriale del quotidiano Público dal titolo già eloquente: “Mario Draghi tira via il tappeto da sotto i piedi del Portogallo”. Secondo il giornale i mercati aveva già dato per scontato che Lisbona sarebbe uscita senza nessun ulteriore aiuto. Adesso però, scrive Público, “le parole di Mario Draghi sono una doccia fredda per il governo e, a questo punto, lo stesso Feiro si è già pentito di aver fatto la domanda. […] Mario Draghi sta inviando segnali negativi ai mercati. Questo significa che anche lui dubita che nel giro di sei mesi i tassi d’interesse portoghesi raggiungeranno livelli tali da assicurare un pacifico ritorno ai mercati. È come una di quelle profezie che rischiano di realizzarsi, – conclude uno dei principali quotidiani di Lisbona – visto che i nostri investitori si chiederanno: se non ci crede Draghi, perché dovremmo crederci noi?”.

@si_ragu

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