Le mutande verde Lega del governatore del Piemonte, Roberto Cota, sono più che sufficienti a legittimare la domanda: e se invece delle Province abolissimo le Regioni? Se volete argomenti, li trovate sui giornali in questi mesi: la gestione della sanità di Roberto Formigoni in Lombardia a fornire elementi, le spese fuori controllo della Sicilia (anche se il presidente Rosario Crocetta vanta tagli e riforme), i libri erotici pagati dai contribuenti nelle Marche, le disinvolture dei consiglieri emiliani che pagavano (ma senza ricevuta) perfino le interviste.

LO STUDIO sui costi della politica più citato di questi giorni, la Bibbia di chi vuole attaccare la Casta numeri alla mano, è quello dell’economista bocconiano Roberto Perotti, pubblicato dal sito lavoce.info. Nell’utile tabella riassuntiva si scopre che i costi per il funzionamento dei consigli regionali (eletti con un derivato del Porcellum, quindi di dubbia costituzionalità) sono più alti perfino di quelli della Camera. La spesa totale, al netto dei rimborsi ai partiti, è di 985 milioni di euro, contro i 45 milioni dei consigli provinciali (la Camera costa 970 milioni e il Senato 479). Di soli emolumenti noi contribuenti paghiamo ai consiglieri 228 milioni, ai loro poveri colleghi delle Province soltanto 40. Per il personale se ne vanno altri 326 milioni di euro, i funzionari di quel Senato che Matteo Renzi vuole sostituire con una camera delle autonomie, cioè con dentro rappresentanti degli enti locali, ci costano meno, solo 159 milioni. Il professor Perotti ha alcune idee su come risparmiare: dimezzare il numero dei consiglieri (oggi 600), eliminare i contributi ai gruppi consiliari, “non si potrà mai impedire che i contributi vengano usati per clientelismo o corruzione (organizzo un convegno apparentemente serio e chiedo alla cognata di organizzarlo o fare il catering). Sono solo 100 milioni, ma sono l’alimento principale dell’antipolitica”.

BUONE IDEE, certo. Ma come dicono gli americani, il tacchino non ha mai voglia di festeggiare il Natale. Difficile che le 20 Regioni italiane decidano di autoriformarsi. Anzi. “I compensi dei consiglieri regionali li decide la Regione, non è così per i consiglieri comunali o provinciali. Negli enti locali, una giunta provinciale o comunale non può crearsi una norma ad hoc altrimenti si espone a un rischio altissimo di essere accusata di danno erariale”, spiega Marco Stradiotto, ex senatore del Pd e grande esperto di enti locali e federalismo fiscale. Le Regioni sono troppo grandi per funzionare bene, “nel pubblico non ci sono economie di scala”, riassume Stradiotto. Tradotto: nel Comune troppo piccolo ci sono sprechi e inefficienze perché non si applicano i controlli e si tollera l’inefficienza, in una Regione con centinaia o migliaia di dipendenti si moltiplicano le occasioni di spreco. Secondo il solito Perotti, nonostante la dimensione dovrebbe assicurare almeno l’efficienza nel trattare gli acquisti, ci sono margini di risparmio per almeno 1,5 milioni per ogni consiglio regionale.

da Il Fatto Quotidiano dell’8 dicembre 2013

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