Il dibattito pubblico su euro, Europa e Bce si fa sempre più petulante e ripetitivo: da un lato, ci sono quelli “che la BCE non stampa moneta perché è in mano ai tedeschi”, dall’altro quelli “che senza l’euro siamo tutti morti”. La classica discussione all’italiana tra sordi, insomma.

Si dovrebbe parlare d’altro.
Potremmo ad esempio discutere di quali debbano essere le forme di controllo democratico sull’operato della Banca Centrale Europea e, soprattutto, chiederci se sia giusto delegare all’opaca diplomazia europea la nomina dei suoi vertici.

Vediamo perché.

Dal 2007 al 2013 sia la BCE, sia la Fed (banca centrale americana, n.d.r.) hanno combattuto i devastanti effetti della crisi dei subprime con l’arma della politica monetaria: una produzione di nuovo denaro senza precedenti nella storia dell’economia occidentale, che ha cambiato decisamente il modo di intendere il governo della moneta. Per apprezzare meglio la dimensione del fenomeno, vi prego di dare un’occhiata al grafico qui sotto, che espone l’andamento di M2 (indicatore di riferimento per misurare l’offerta di moneta) tra il 2007 e il 2013:

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Non facciamoci ingannare dalla derivata piuttosto simile delle due curve.

Pur essendo entrambe crescenti, le scale di valore raccontano due storie diverse: mentre l’offerta di moneta nell’area euro aumenta del 39%, negli Stati Uniti il progresso è del 57% e una bella parte dello scarto matura da fine 2011 in poi.

Il dato è ancora più interessante se riletto alla luce dell’andamento dell’economia reale dei due sistemi, illustrato da quest’altro grafico: 

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Come si può osservare facilmente, le due curve di evoluzione del Pil sono praticamente incollate l’una all’altra nella primissima fase della crisi e fino alla fine del 2011; in seguito i due trend si disallineano in maniera radicale, con gli Stati Uniti avviati a una ripresa economica stabile e l’Europa ancora in affanno.

Non ci vuole un esperto per capire che c’è una relazione tra l’andamento nettamente migliore dell’economia americana e la politica monetaria più coraggiosa della Fed.

Perché la BCE si è comportata così?

Normalmente i sostenitori del modello tedesco di banca centrale difendono l’atteggiamento della BCE sottolineando il rischio di inflazione e sventolando il vincolo di mandato che obbliga Mario Draghi a non superare la fatidica soglia del 2% di incremento dei prezzi. Eppure la realtà dei fatti dice che il rischio di un’inflazione eccessiva è piuttosto lontano. Anzi: alla fine del 2013, l’area Euro si trova davanti alla concreta prospettiva di deflazione, mentre gli Usa mostrano una dinamica dei prezzi decisamente più sana.

La realtà è che la BCE ha fatto (e continua a fare, ogni giorno) una precisa scelta politica: avere una moneta forte che favorisca le importazioni a buon mercato, tenere alta la pressione sui salari e ricercare la competitività internazionale attraverso la leva della produttività e rifiutando quella della svalutazione.

E allora torniamo all’interrogativo iniziale: è giusto che questa scelta politica (il cui prezzo è peraltro pagato in misura maggiore dalle economie deboli dell’Eurozona) non sia sottoposta ad alcun sindacato democratico? E’ giusto che la politica monetaria sia derubricata a questione meramente burocratica e delegata a funzionari che non rispondono a nessuno?

Io, francamente, lo trovo assurdo.

Come trovo assurdo l’intero impianto ideologico della BCE, frutto di una filosofia “ipertecnicista” secondo la quale le questioni monetarie vanno protette dalla perniciosa influenza della politica e dalle pressioni dell’elettorato.
Cosa deriva da questa impostazione? Prima di tutto ne deriva il mito “dell’indipendenza del banchiere centrale”: il banchiere centrale non è un mandatario del Governo o del popolo, ma agisce nel superiore interesse della stabilità dei prezzi.

Divertente vero? Ve la immaginate “la stabilità dei prezzi” che chiama al telefono Draghi e lo sgrida perché sta facendo male il suo mestiere? Ce la vedete “la stabilità dei prezzi” che si lagna del fatto che la Fed funziona meglio?No.

Succede invece che, per il principio dell’horror vacui, quella BCE che non risponde ai governi, ai Parlamenti e alle altre istituzioni democratiche, finisce per rispondere solo a sé stessa, esponendosi alla gravissima responsabilità di decidere senza alcuna legittimazione il futuro di milioni di cittadini.

Mi pare che questo sia esattamente ciò che è successo nell’ultimo quinquennio: andando per la maggiore il pensiero economico di matrice rigorista, la BCE ha perso una straordinaria occasione di intervento, non approfittando di questi anni di inflazione contenuta. La frigidità dei nostri banchieri centrali ci ha costretto, da un lato, a subire gli effetti negativi della concorrenza cinese (aziende che delocalizzano, disoccupazione) e, dall’altro a rinunciare a una politica monetaria molto più aggressiva che avrebbe favorito una crescita a inflazione bassa (proprio grazie alla pressione sui prezzi di quella stessa concorrenza cinese).

Ma, ribadisco, non mi preme tanto criticare la BCE: mi preme di più mettere in luce la gravissima carenza di legittimazione democratica di chi ha fatto quelle scelte (sbagliate). Queste persone non rispondono a nessuno, non possono essere sfiduciate, non si ripresenteranno alle prossime elezioni.

E’ giusto?

Gli americani, ad esempio, non la pensano così.

E, a tal proposito, concludo raccontandovi un esemplare episodio accaduto dall’altra parte dell’Atlantico: a maggio 2013 Ben Bernanke (governatore della FED) annuncia a sorpresa che la banca centrale americana potrebbe a breve adottare una politica monetaria meno lassista. La dichiarazione determina un’improvvisa impennata dei rendimenti del debito pubblico e mette in difficoltà Obama. Dopo circa un mese, quando si comincia a discutere del possibile rinnovo dell’incarico dello stesso Bernanke (in scadenza a gennaio 2014), Barack Obama dichiara:“Credo che Bernanke sia stato Governatore più a lungo di quanto volesse”.
Aplomb anglosassone, ma messaggio chiaro, che tradurrei così: “Caro Bernanke, la politica monetaria la decido io, poiché il popolo ha eletto me. Accomodati fuori, grazie”.
Risultato del dibattito? Il nuovo Governatore della Fed sarà Janet Yellen, signora di sinistra e notoriamente favorevole alla politica monetaria ultra-espansiva degli ultimi anni.
Ben Bernanke, invece, tornerà a fare l’insegnante.

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