Un altro boccone indigesto per le multinazionali del Fast food. Come l’anno scorso, esattamente a novembre, anche quest’inverno i dipendenti delle più famose catene di fast food negli Usa sono scesi in strada per scioperare. Infatti, il 12 dicembre 2013 in cento città americane i dipendenti di aziende come McDonald’s, Burger King, Kentucky Fried Chicken, Pizza Hut hanno ripreso la battaglia per una paga decente, che si accompagna alle tante rivendicazioni contro il junk food. Questo secondo sciopero rappresenta la conferma di una protesta consolidata e in decisa crescita: negli Usa due associazioni stanno guidando i dipendenti in lotta, Fast Food Forward e Flight for 15. Il riferimento nel nome di quest’ultimo gruppo rappresenta l’obiettivo degli scioperanti: passare dagli attuali 7.25 dollari all’ora ad almeno 15.

Il motivo dell’esplosione del malcontento è un effetto della crisi: dopo il 2008 gli organici dei fast food hanno visto approdare una serie di lavoratori senior, che hanno affiancato i tradizionali studenti, soddisfatti delle condizioni salariali. Diverso è stato per questi dipendenti esperti che ora rivendicano retribuzioni dignitose, e non paghette per universitari. Una lotta difficile, tanto che il sindacato Service Employees International Union, che appoggia la protesta, chiede ai ristoranti di consentire ai propri lavoratori di potersi iscrivere al sindacato senza la minaccia di ritorsioni. D’altro canto, la National Restaurant Association respinge le critiche e mette in guardia sui rischi di un aumento del genere che costringerebbe a un numero inferiore di assunzioni.

La protesta è cresciuta enormemente rispetto a quando l’anno scorso scesero in strada a scioperare 200 lavoratori dei fast food newyorchesi: ai tempi si parlò di un evento storico, ma quest’anno c’è stata la conferma che non fosse un caso isolato. E le storie sono le stesse dell’anno scorso, come le giustificazioni delle grandi industrie. Queste ultime affermano che l’età media dei dipendenti è 25 anni e per questo i salari sono in linea con l’ammontare di ordinari stipendi d’ingresso dei lavoratori americani. In realtà, ribattono le associazioni reclamanti, la media d’età dei dipendenti è 29 anni e un quarto di loro è un genitore, che deve sostenere una famiglia con uno stipendio misero. Ma anche i più giovani alzano la testa, come ha affermato al New York Times Simon Rojas, il dipendente del McDonald’s di South Central a Los Angeles, che di anni ne ha 23: “È molto difficile tirare avanti con il mio stipendio, tarato su $8.07 dollari l’ora (circa 6 euro, ndr). Devo vivere ancora con i miei genitori e mi basterebbe avere le risorse per riuscire ad andare a vivere da solo”. Ora Simon è sceso in strada a manifestare per una paga decente, eppure nessuno in America ha il coraggio di chiamarlo bamboccione.

di Gianluca Schinaia

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