Importanti interrogativi accompagnano l’elezione di Matteo Renzi alla guida del Pd. Ciò può significare la fine della vecchia sinistra? Egli promuoverà una legge elettorale maggioritaria o ci terremo il Porcellum amputato dalla Consulta? Letta potrà dormire sonni tranquilli o le elezioni sono adesso più vicine? Per carità, la politica vive giornalmente di movimenti di truppe, cospirazioni e questioni di lana caprina, ma domandiamoci: i quasi tre milioni di persone che hanno votato domenica alle primarie erano in fila ai gazebo assillati dal dibattito sulle riforme istituzionali? O perché travolti da una crisi devastante per i bilanci familiari, vedono nel giovane sindaco l’ultima zattera a cui aggrapparsi dopo il fallimento del vecchio e corrotto sistema di potere?

L’altro giorno il Censis ha descritto un paese che arranca, una società senza più ossigeno, “sciapa” e infelice “dove circola troppa accidia, furbizia generalizzata, disabitudine al lavoro, immoralismo diffuso, crescente evasione fiscale”, dove i consumi sono tornati ai livelli di dieci anni fa, dove si fatica a pagare tasse e bollette e dove, per capirci, i ticket sui farmaci sono aumentati in quattro anni del 114 per cento. Non c’è quindi da sorprendersi se qua e là, nel nord un tempo prospero scendono in piazza moltitudini esasperate e se a Torino poliziotti e finanzieri si tolgono i caschi tra gli applausi dei manifestanti perché in fondo anche alle forze dell’ordine, vessate dai continui tagli di spesa, la fiducia in questo Stato sta venendo meno.

Insomma, la frase “in giro c’è troppa disperazione” non l’ha detta qualche masaniello col forcone, ma il presidente di Confindustria Squinzi. Secondo Renzi non c’è un minuto da perdere. Giusto, allora si tolga il giubbotto alla Fonzie e il sorrisetto del predestinato e chieda ai deputati pd di mettere nella deprimente legge di Stabilità qualcosa davvero di sinistra. Come, per esempio, concentrare più risorse per ridurre le tasse nella busta paga dei lavoratori a basso reddito, mettere fine all’indecorosa sceneggiata sulla seconda rata Imu e soprattutto impedire l’assalto finale alla diligenza con leggi e leggine di spesa a uso di amici e clienti. Dia subito un segnale forte. Anche se declamate a ritmo di rock, delle false promesse ne hanno tutti piene le scatole.

Il Fatto Quotidiano, 10 Dicembre 2013

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