Un tempo, da piccoli, ci svegliavamo con i cartoni animati. La scelta era tra i giapponesi di Italia1 e il francese Babar su RaiDue. Io, ad esempio, e chissà poi perché, sceglievo sempre il rassicurante elefante transalpino.

Oggi che siamo cresciuti un po’ e che abbiamo una insana passione per la politica, ci troviamo a scegliere tra due proposte molto diverse: Omnibus su La7 e Agorà su RaiTre. Due talk che danno il buongiorno agli italiani parlando di cose noiose e spesso sgradevoli, ospitando le solite facce da Transatlantico e abituando i telespettatori fin dal mattino alle urla sguaiate dei talk che si susseguiranno nell’arco della giornata.

Omnibus ha il merito di essere stato il capostipite di questa nuova frontiera politico-giornalistica della televisione, visto che ha superato abbondantemente i dieci anni di età ed è stato partorito dalla mente narcisista ma innegabilmente frizzante di Antonello Piroso. Nel corso degli anni è cambiato, e molto, soprattutto con l’arrivo di Enrico Mentana alla guida del tg La7, e oggi non è altro che un salotto mattutino che si pregia di invitare sempre e solo le stesse facce. Una compagnia di giro uguale a se stessa, fatta di politici presenzialisti e giornalisti prezzemolini, con particolare spazio dedicato ai retroscenisti, quei cronisti politici che vivono di fuffa e non ne azzeccano una dal secolo scorso. Il clima è pacato, non c’è pubblico, conduttori e ospiti parlano con una voce quasi sussurrata. È un risveglio dolce, politically correct, rassicurante. Omnibus, insomma, è il Babar dei talk di prima mattina.

Diverso, invece, è il caso di Agorà. Creato e condotto da Andrea Vianello fino alla nomina a direttore di RaiTre, oggi è guidato da Gerardo Greco, ex corrispondete Rai dagli Stati Uniti. Greco è un giornalista gentile, a modo, che ha evidentemente assimilato la lezione anglosassone e cerca di applicarla al suo talk. Rispetto ad Omnibus, Agorà ha il merito di occuparsi molto di più del paese reale, anche se il punto di partenza è sempre il trito dibattito politico. E può contare, inoltre, su una squadra eccellente di giovani giornalisti che, tra un pezzo di colore e un collegamento in diretta, completano un prodotto che ha quantomeno il pregio di voler uscire dal salotto.

Politicamente, entrambi i talk sono evidentemente vicini al centrosinistra in generale e al Pd in particolare, con Agorà leggermente più sfacciato e che in qualche misura rappresenta la propaggine televisiva del riformismo renziano. Il terzismo di Omnibus, invece, è solo di facciata. Anche lì, infatti, è evidente la collocazione democrat, solo celata un po’ meglio.

Personalmente, per quel che conta, ho smesso da tempo di guardare Babar. Il Re Elefante, in fondo, non ci raccontava niente del mondo, ma anzi lo colorava di un ottimismo che spesso non ha ragione di essere. E allora, adesso che ho da un pezzo superato i trenta, preferisco un po’ di vita reale in più. Sia chiaro: il talk di Greco non è nulla di rivoluzionario. Ma in Italia va sempre di moda il collaudato “Beati monoculi in terra caecorum”, e ci si comporta di conseguenza. Il salotto di La7, ormai indigesto, lo lasciamo a chi crede ancora che le sorti del mondo si possano decidere in salotto. O, peggio ancora, su Twitter.

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