Alitalia ha ricapitalizzato per meno di due terzi di quanto era possibile, come riportano tutti i maggiori media internazionali. Il Wall Street Journal comincia il proprio articolo addirittura con “Alitalia has failed to get all of the €300 million”. I soci hanno messo 173 milioni di euro dei 300 milioni che era possibile sottoscrivere dalla deliberazione di aumento di capitale che scadeva il 27 novembre. Nella fase successiva sono arrivati i 15 milioni di euro del gruppo Percassi, grande debitore di Intesa Sanpaolo. A questo punto dovrebbero intervenire le Poste italiane con la loro fiche di 75 milioni di euro pubblici, e nel complesso l’aumento di capitale potrebbe raggiungere quota 263 milioni di euro, anche se l’intervento del gruppo pubblico è subordinato al raggiungimento della soglia di 225 milioni versata dai soci. Per validare l’operazione, in ogni caso, era necessario arrivare a 240 milioni e quindi l’aumento di capitale sembra avere avuto esito “positivo”.

Un esito positivo che tuttavia dimostra come gli azionisti dell’azienda, al netto dell’intervento pubblico e di quello delle banche di sistema, hanno investito circa 73 dei 300 milioni di euro. Come ricordato sullo stesso Wall Street Journal la coperta è molto corta. Una cifra irrisoria che nel trasporto aereo equivale ad un terzo del valore di un aeromobile a lungo raggio (cit. Prof. Ugo Arrigo). Un aumento di capitale che dimostra gli errori commessi in questo processo di aumento di capitale che serviva ad evitare il fallimento, ma che di fatto ha indebolito la struttura azionaria e non permette di dare un futuro all’azienda. L’unico socio industriale, il gruppo Air France–KLM, è stato fatto scappare (anche se rimarrà azionista con circa il 7% del capitale) e al suo posto entrerà il settore pubblico tramite Poste.

Quali sono le grandi sinergie tra Poste italiane e Alitalia? Il trasporto posta di Alitalia nel 2012 ha avuto un fatturato di 2,8 milioni di euro su un giro d’affari complessivo superiore a 4 miliardi. Numeri che indicano come le sinergie siano sulla carta di qualche ministero, ma non certo nel business del trasporto aereo. E proprio qui sta l’errore principale: la politica italiana è voluta intervenire a tutti costi e molto malamente, non lasciando fare al mercato quello che sta già facendo. La sostituzione di Alitalia con vettori che sono in utile e che servono il viaggiatore. È notizia dell’ultima settimana l’arrivo in potenza di Vueling e di Ryanair nello scalo di Roma Fiumicino in diretta concorrenza con Alitalia.

Nello scalo romano il gruppo italiano ha il suo hub principale sul quale ha costruito il proprio network hub and spoke. Ryanair posizionerà sei Boeing 737-800 sulla sua nuova base di Roma Fiumicino a partire dal prossimo 18 dicembre, che potrebbero presto diventare dodici. L’investimento complessivo nella flotta (al prezzo di listino) da parte della compagnia irlandese per Fiumicino potrà arrivare a 1,086 miliardi di euro pari a 6,27 volte l’aumento di capitale deliberato. L’arrivo della compagnia irlandese non è mai casuale. “Sono degli squali che sentono l’odore del sangue”, mi ricordava un giornalista di un importante quotidiano americano. E il sangue è quello del fallimento in questo caso.

Easyjet, Vueling e ora anche Ryanair stanno investendo e creando posti di lavoro, oltre che possibilità di viaggi, che il vettore di bandiera non potrà forse più offrire nel prossimo futuro. La domanda che tutti si fanno è questa: quanto potrà durare Alitalia? Forse cinque o sei mesi perché la crisi continua ad essere molto dura in Italia, perché la concorrenza delle compagnie a basso costo è sempre più forte e perché questa strategia stand-alone difficilmente può reggere ancora. Ancora una volta la politica italiana non solo non ha trovato una soluzione, ma ha creato un problema.

@AndreaGiuricin

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