Era solo il gennaio del 2012 quando la Corte Costituzionale bocciò i quesiti referendari “anti-porcellum” con grande scoramento dei milioni di cittadini che si erano mobilitati per ottenere la cancellazione di una legge elettorale che li aveva mortificati. 

A distanza di poco meno di due anni solari ma in un’altra era politica, la Corte Costituzionale, evitando un rinvio ampiamente previsto e probabilmente auspicato da buona parte degli eletti, ha messo la parola fine sulla “porcata” di Caderoli, poi per tutti semplicemente Porcellum secondo la definizione acuta e calzante di Giovanni Sartori mutuata dal vecchio Mattarellum.

In questi quasi due anni, siamo ritornati a votare con il Porcellum, abbiamo ancora una Camera ed un Senato con due differenti maggioranze e composto di nominati (con l’eccezione e i limiti delle parlamentarie grilline e della quota dei parlamentari Pd selezionati con le primarie), abbiamo un altro governo deciso fondamentalmente dal capo dello Stato e sempre “per salvare il paese”.

Abbiamo da ultimo un Berlusconi decaduto all’opposizione che ha “ristretto le larghe intese” lasciando sempre, ovviamente, la porta semi-aperta per Alfano e “i traditori” purché la giustizia, come la intende lui, ritorni ad essere la priorità dell’agenda politica grazie ad una riforma strutturale, anzi “epocale” come la definiva il suo guardasigilli personale, Angelino.

E nelle stesse ore in cui la corte Costituzionale affossava il Porcellum, concepito ab origine per far vincere “male” il centrosinistra dell’odiato Prodi e Fi contestava i senatori a vita complici del “colpo di stato” contro di lui, il Berlusconi di “opposizione” alla sua prima uscita pubblica definiva ancora una volta la Consulta “un organismo politico della sinistra”

E’ in questo quadro politico-istituzionale, con un Parlamento obiettivamente abusivo per quanto la quota maggioritaria gonfiata dal premio di maggioranza e i nominati dalle segreterie che dovrebbe essere teoricamente varata in pochissimo tempo una nuova legge elettorale che ci consenta di tornare a votare in condizioni non mortificanti.

I costituzionalisti, più o meno, in disaccordo tra loro, concordano sul punto che la Corte ha sottolineato come “resta fermo che il parlamento nella sua autonomia può sempre approvare una nuova legge elettorale”.

Ma il giorno dopo la sentenza con la guerra dichiarata di tutti contro tutti tra i partiti e dentro i partiti e con la presidente della Camera irremovibile contro il M5S  che vuole subito la conferenza dei capigruppo per calendarizzare il ritorno al Mattarellum, considerato la soluzione più spedita e praticabile per tornare a votare.

Il dato è certo è che quel che resta del Porcellum, dopo la bocciatura della Consulta, è un sistema proporzionale puro con una soglia di sbarramento minima e molto verosimilmente, con una preferenza unica; un sistema che calato nel quadro attuale perpetuerebbe le larghe, medie o ristrette intese.

Naturalmente dato che non esiste la vergogna e nemmeno il minimo senso delle opportunità, a parte Matteo Renzi che ha faticato a contenere il senso di obiettivo spiazzamento, è una gara a manifestare compiacimento per la bocciatura.

Il più entusiasta di tutti sembra Calderoli che  ha esclamato vittorioso “l’avevo detto”, e ha aggiunto che se “è illegittimo il Porcellum è illegittima anche la Corte Costituzionale” ; ma dalla sponda governativa anche “il saggio costituzionale” Gaetano Quagliariello che, alla vigilia della sentenza aveva definito il Porcellum “peggio delle leggi fasciste”, fatica a trattenere l’esultanza.

E pensare che ha convissuto felice e sereno con “la porcata” di Calderoli fin dall’aprile 2006, quando è stato eletto con Fi e nel corso di questi sette anni nei quali è stato, tra l’altro, nel comitato direttivo di Fi e membro della Commissione permanente Affari Costituzionali dal giugno del 2006. E si è prodigato fino a ieri come tutto il Pdl a mantenere in vita il più possibile “l’obbrobrio”; ma ora marcia in sintonia con Letta e Alfano e se continua lo stallo parlamentare saranno loro a muoversi sul fronte caldissimo della legge elettorale.

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