Se un amico straniero mi chiedesse di illustrargli con una semplice storiella il sunto dei mali che affliggono il nostro paese, non troverei nulla di meglio che fargli leggere le tappe della telenovela che da qualche giorno riempie i giornali nostrani: no, non sto parlando di Renzi-Civati-Cuperlo, ma della querelle esplosa per il controllo del Milan tra Adriano Galliani e Barbara Berlusconi. Vi sono tre punti di questa vicenda che vorrei evidenziare, in quanto esemplificano perfettamente il motivo per cui il nostro paese ha smesso di crescere ed investire sul futuro:

1) Avete notato la levata di scudi contro la decisione di Barbara Berlusconi di mandare via Galliani? Peana da parte di molti giornali, evidenziando i meriti ed i trionfi del pluridecorato manager calcistico. Signori, ma è possibile che dopo quasi trent’anni di onorata carriera uno non debba essere messo da parte? Ma perché dobbiamo morire soffocati da questa gerontocrazia orribile e scandalizzarci se alla soglia dei 70 anni le persone vengono invitate a farsi da parte? Mi sembra il minimo…perché noi italiani siamo sempre così impazienti con i governi, che facciamo durare al massimo due anni e che vogliamo continuamente cambiare, mentre invece mostriamo un’assurda accondiscendenza verso questi potentati decennali che si auto-perpetuano? E’ facile seguire tutti l’onda della rottamazione; poi però quando tocca a qualcuno che ha saputo creare legami forti con buona parte della stampa, ecco che molti pennivendoli ne prendono le difese. Io ritengo sacrosanto che la figlia di Berlusconi desideri un nuovo management per impostare il futuro e, se Galliani fosse stata una persona di buon senso, si sarebbe fatto da parte senza tanti strepiti.

2) Galliani decide di dimettersi esternando una serie di pensieri, trasmessi ai giornali, molto duri nei confronti della figlia del capo. Poi il giorno dopo va dal paparino a piangere miseria (e battere cassa per il multi-milionario TFR). Tutto risolto, dimissioni rientrate, si è trovata una soluzione grazie all’intermediazione del “papà buono”. Che brutto vizio, tutto italico! In un mondo civile, quando qualcuno si dimette lo fa dopo aver valutato ed esplorato tutte le possibili opzioni alternative e negoziato le condizioni con la controparte. Vi siete mai dimessi dal vostro posto di lavoro? In caso positivo, lo avete sicuramente fatto dopo aver parlato con i vostri capi ed aver ponderato bene i pro e contro. Altrimenti siete probabilmente degli avventati umorali, di quelli che sbattono la porta senza pensare, e poi se ne pentono. Invece ai piani alti si usano le dimissioni tattiche, per forzare la trattativa: insomma, le verifiche e le negoziazioni si fanno post-dimissioni, non ante. Io vorrei vivere in un paese che rendesse irrevocabili, per legge, le dimissioni. Come in Germania. Avete mai sentito di un politico o manager di azienda tedesco che ha ritirato le proprie dimissioni?

3) La fine della vicenda è la parte migliore: si divide la torta in due e, gattopardescamente, si decide di non decidere. Per non scontentare nessuno, si duplicano le cariche per conferire potere e soldi ad entrambi i contendenti, creando un mostro societario giuridico con due amministratori delegati, esperienza piuttosto esotica, ne converrete. Ed io trovo incredibile che nessuno dei due, né Galliani né la Berlusconi, abbiano avuto il buon gusto di rimandare al mittente la soluzione proposta, almeno per salvaguarda la propria dignità personale e professionale.

Badateci bene, in una piccola storiella di calcio e governance ritrovate alcuni degli elementi, a tutti noi familiari, che avvelenano la nostra convivenza civile: la vecchia guardia attaccata alla poltrone che non vuole mollare l’osso, le giravolte condite di mosse tattiche senza la minima vergogna di rimangiarsi la parola, l’incapacità di prendere una linea decisoria concreta e definitiva privilegiando soluzioni spurie per non scontentare nessuno. Freni che impediscono la crescita ed il ricambio generazionale, a tutti i livelli. Dai (teoricamente) più alti – il Milan – ai più bassi – gli ambienti di lavoro di tutti noi. 

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