Ho trovato interessante un articolo pubblicato su La Stampa, dal quale si apprende che è “finita l’era della cravatta”. L’accessorio maschile per eccellenza sarebbe in via di estinzione. Il sintomo è la chiusura della catena Tie Rack in Gran Bretagna. Sarò all’antica, ma se la cravatta dovesse davvero scomparire dal guardaroba, allora si deve parlare della fine dell’eleganza dell’uomo, ma non penso succederà. A mio avviso l’anomalia erano piuttosto i negozi Rack, perchè vendevano solo cravatte, ma questo accessorio che trae origine dalla sciarpa indossata per la prima volta dai Croati (da cui il nome per derivazione Cravatta) non è un capriccio che si possa comprare separatamente dall’abito.

L’unica eccezione riuscita che io ricordi è stato ed è Marinella di Napoli, e la ragione è che questo famosissimo negozio, che fu visitato anche da Clinton in occasione della sua visita a Napoli, le faceva su misura, erano davvero pezzi unici. Per molti anni soleva utilizzare per una sola cravatta 90 cm di stoffa, quindi senza interni. Ora non credo che sia più sostenibile perché con lo stesso metraggio se ne fanno quattro. Questo oggetto che sembra banale è in realtà una specie di firma nel vestire dell’uomo e definisce la personalità di chi la indossa. E’ quel banale ma importante accessorio che si armonizza persino con il colore e l’espressione degli occhi. Regola tutta la figura, può valorizzare un mediocre abito o rovinarne uno splendido. C’era un vecchio detto a Napoli, che affermava che si compravano gli abiti per le cravatte, e non le cravatte per l’abito. Si vendevano e si sono sempre vendute dove si vende l’abito o presso le sartorie in preciso abbinamento.

La prima cosa che si osserva in un uomo elegante è la cravatta. Se è scelta male lo leggi sulla faccia degli altri e l’imbarazzo è tale che non vedi l’ora di toglierla anche se indossi un abito di Caraceni e di un tessuto di Vicuna che da anni non se ne produce più. Se metti in fila dieci personaggi importanti senza cravatta insieme a un anonimo con cravatta, questo è l’unico a captare attenzione e trasmettere un senso di rispettabilità. Certo se guardiamo a quale degrado è giunto il vestire e la confusione che domina nel settore, potremmo anche accettare la fine della cravatta, ma allora avremmo toccato il fondo. L’articolo cita il presindente Cameron senza cravatta ma il politico indosserebbe il sacco di Juta pur di prendere voti. Per non parlare di certi anziani signori che per darsi un piglio giovanile usano il girocollo sotto al doppiopetto. Io non riesco a concepire un parlamento o una riunione importante con uomini scamiciati e sbracati.

Certamente la cravatta non fa più parte del guardaroba dei giovani ed è un peccato. Molti di essi non sanno nemmeno fare il nodo, tanto è vero che per un certo periodo si era diffuso il modello con il nodo già fatto, da infilare con un elastico. Anche il nodo richiama alla memoria certe abitudini. La donna in gamba ad esempio ha sempre fatto il nodo al proprio uomo, anche se non è difficile eseguirlo. Per le donne di un tempo la cravatta era un valido regalo da fare, ma era molto difficile azzeccarlo perché è molto personale e rispecchia il carattere e l’identità di chi la indossa. E quando incontrava il gusto era un regalo assasi apprezzato. Ho conosciuto importanti stilisti che non si sapevano vestire con la cravatta, e quando la indossavano erano addirittura ridicoli, perché molto dipende da postura, disinvoltura e portamento. È dalla cura di dettagli importanti come la cravatta che si elabora l’eleganza maschile. Mi auguro che non scompaia e che molti inviti anche in futuro continueranno a recare l’indicazione TIE. 

In collaborazione con Alox Cross Media Player

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