C’è un piccolo film in circolazione che è un piccolo miracolo. Perché è bello ed è costato molto poco rispetto agli standard del genere e perché ci parla del futuro attraverso la storia che racconta e che parla di cose che ci riguardano tutti, ma anche perché è già un pezzo di futuro, per come è stato fatto, per le idee che porta con sé, per la vitalità che ha dato origine a ogni fotogramma. Il film si chiama ‘L’arte della felicità‘ ed è un film di animazione realizzato da Alessandro Rak e sceneggiato dallo stesso regista assieme a Luciano Stella, che ne è anche il produttore. Il film ci parla del futuro attraverso la storia di Sergio, un tassista che ha perduto se stesso e che si aggira per una Napoli sporca, buia e piovosa, minacciata da un Vesuvio borbottante. E ce ne parla innanzitutto per le modalità di racconto che utilizza, ossia le narrazioni personali come chiave per esplorare il presente e costruire il futuro e la centralità della città, come nuovo centro e nuovo cuore dell’umanità, punto di partenza imprescindibile per qualunque trasformazione. Quello di Sergio, infatti, è un confronto serrato con la memoria e col passato destinato a indicargli una strada per il futuro, perché per risolvere il presente bisogna andare oltre. E il film parla proprio di questo, di come andare oltre o, meglio, di come un uomo, che poi siamo tutti noi, va oltre. La sua storia, i suoi affetti, le sue emozioni, le sue paure, le sue speranze. E di come potrebbe andare oltre la sua città, che poi è tutte le città e quindi è il nostro Paese: il degrado culturale che la circonda e la connota, la bellezza che la danna, l’energia che la minaccia.

Ma ci parla del futuro anche per quello che nel film non si vede. Innanzitutto perché è fatto da un gruppo di ragazzi tutti con un età attorno ai 30 anni, tutti napoletani. E questo ci dice che non solo questa generazione è ricca di idee, di competenze e di conoscenze (cosa che invece i più ritengano non sia), ma anche di esperienze professionali e umane forti, in grado di portarci oltre. Poi perché questo gruppo di ragazzi ha saputo dialogare con un po’ di persone decisamente più anziane, quasi dell’età dei loro genitori, e questo è un bellissimo segnale perché significa che il rapporto fra le generazioni può continuare ad essere creativo oltre che di scontro e perché c’è qualcuno che sui giovani ci scommette ancora e che se non lo fai che speranze di futuro puoi avere. Anche il modello di lavoro che hanno utilizzato è proiettato verso il futuro, perché è stato fortemente partecipato e open collaborative, pronto a ricevere e discutere stimoli di diversa natura e provenienza e capace di mettere assiemi saperi molto differenti fra loro (il disegno, la musica, l’immagine digitale, l’informatica), come si fa nel resto del mondo e parlando lo stesso linguaggio che parlano nel resto del mondo, innovativo e sperimentale. Un network artigianale o una piccola manifattura digitale.

Infine ‘L’Arte della felicità’ ci parla del futuro perché come tutte le cose che nell’ultimo decennio hanno avuto un senso e hanno lasciato il segno è un nato in una periferia a opera di persone che in quella periferia ci sono nate e cresciute, in una città, Napoli, che negli equilibri del paese è una periferia da anni e che nel settore del cinema lo è ancora di più perché non ha industria, anche se competenze sì. Ed è grazie alle periferie che il mondo sta andando avanti, grazie al fatto che in certi posti che sembrano abbandonati da tutti gli dei improvvisamente si sviluppa qualcosa di nuovo, talvolta di inconcepibile, fino a che non lo fanno lì, in quella periferia sperduta e dimenticata. Tutto questo non è da poco, perché proprio ieri, ad esempio, Brinda Dalal uno dei direttori dell’Insitute for the Future di Palo Alto, il più importante fra i centri che studiano il presente per capire il futuro, ha detto: “Potete essere creativi e per sviluppare le vostre peculiarità dovete cercare e trovare persone interessanti, condividere, scegliere un mentore, recepirne gli stimoli. Facendo delle cose a livello pratico, con altre persone, imparerete e migliorerete”. Condividere, collaborare, sperimentare, ovunque voi siate, questo ha detto.

E tutto questo c’è in un piccolo film. Andatelo a vedere, non fatelo scomparire troppo presto dalle sale.

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