Si è dimesso poco prima che il consiglio comunale votasse la mozione di fiducia il sindaco di Correggio, Marzio Iotti, schiacciato da una vicenda, quella dell’En.Cor, che oggi presenta solo ombre e conti da pagare. Senza attendere che l’aula si esprimesse su quella mozione presentata dallo stesso primo cittadino del comune in provincia di Reggio Emilia in risposta alla richiesta di dimissioni avanzata dal suo partito, il Pd, che sulla gestione della società nata a totale partecipazione pubblica, e cresciuta con 28 milioni di euro di debiti, chiedeva “maggiore controllo e trasparenza”.

Iotti, vicino al ministro Graziano Delrio, in aula si è difeso dalle accuse relegando il voltafaccia del Pd a una questione “di convenienza elettoralistica”: “Io il fallimento politico della vicenda En.Cor l’ho dichiarato più volte – ha detto il sindaco in consiglio -. Ho ammesso i gravi errori commessi”. E, dopo un lungo dibattito a colpi di responsabilità, ha “chiesto scusa ai correggesi per la questione En.Cor”, per poi annunciare le proprie dimissioni “irrevocabili”. Dimissioni a cui è seguito immediatamente il voto sulla fiducia, che ha visto Iotti “sfiduciato , sfiduciandolo subito dopo per 17 voti a 1”.

Un passo indietro a sorpresa, quello dell’ormai ex sindaco, seguito agli attacchi sferrati in rapida sequenza da tutti gli eletti in quota Pd, assessori compresi, capitanati dalla capogruppo Marzia Cattini: “Abbiamo chiesto il confronto con i cittadini, invece ora ci troviamo con il fallimento del nostro progetto politico. Il sindaco è responsabile di non aver compreso che era necessario il cambio di rotta che noi pure avevamo chiesto, per questo lo sfiduciamo”. Il commissario che subentrerà alla guida della città fino alle prossime elezioni, ha aggiunto la democratica, “saprà prendere decisioni più lucide”.

Una situazione che per l’opposizione, l’unica a sostenere Iotti, “è lo psicodramma delirante di una maggioranza non più in grado di governare la città”, “e non sbroglia” una questione “intricata e complessa”, su cui ora resta da fare luce. Quella relativa a En.Cor, appunto, la srl che nel 2007 il comune di Correggio volle fondare allo scopo di realizzare “una rete di teleriscaldamento alimentata da piccole centrali a cogenerazione funzionanti a fonti rinnovabili a biomassa liquida o legnosa”. L’amministrazione, per finanziarne la fase di start up, firmò lettere di patronage per 28 milioni di euro, ma a quei prestiti non seguirono profitti. “Il fallimento politico del progetto”, come l’ha definito a più riprese lo stesso Iotti, era del resto annunciato, e sono le carte a dimostrare che la situazione di En.Cor era “disastrosa” già da anni.

Secondo la relazione tecnica redatta dai tecnici di Iren Rinnovabili, richiesta dai vertici della En.Cor alla vigilia della vendita della società alla Amtrade per 202mila euro, resa nota dal capogruppo del Movimento 5 stelle in consiglio comunale a Reggio Emilia Matteo Olivieri, infatti, “la bassa redditività, le manutenzioni straordinarie, l’investimento in circolante, non permettono al progetto di avere un valore positivo in grado di ripagare un eventuale investimento iniziale”.

“Da tempo, quindi, si sapeva che non c’erano possibilità che En.Cor maturasse fatturato – ricorda Dante Sologni del comitato Via la nebbia – eppure ci sono voluti anni e debiti perché i cittadini lo scoprissero”. Un problema di “trasparenza” che costituisce il casus belli per la richiesta di dimissioni indirizzata dal Pd al primo cittadino, ma che non rappresenta l’unico grattacapo per Correggio. Ci sono, ad esempio, i dubbi relativi ai finanziamenti pubblici approvati dall’amministrazione per tenere in vita l’ex partecipata comunale. Se pochi giorni prima della resa dei conti in consiglio Iotti aveva dichiarato che “non sono stati spesi soldi pubblici per En.Cor”, infatti, secondo il consigliere comunale dell’Udc Enrico Ferrari, “come risulta dalla contabilità il Comune ha anticipato alla società 280mila euro, avvalendosi di un contributo regionale per la realizzazione di una rete di teleriscaldamento, più 25.500 euro concessi a credito alla Soer srl. Cifra che in totale supera il valore della En.Cor stessa. Quando riavremo quei soldi?”.

Poi resta da risolvere il nodo principale, quello dei 28 milioni di debiti che il comune ha maturato con le banche per via delle lettere di patronage, questione che probabilmente si concluderà solo davanti al giudice. Agli istituti di credito, Bnl e Banco Popolare, che stanno valutando la richiesta della moratoria di un anno dei prestiti (pari a 13,5 milioni con Bnl, e quasi 4 milioni con Bp), e Banca Popolare di San Felice sul Panaro, che invece ha già scritto all’amministrazione per riavere i 10,7 milioni ‘prestati’, Iotti aveva risposto che non tocca al comune pagare, “la società è stata venduta”. “La responsabilità al massimo è dello Stato, perché è una legge bandierina all’italiana che ci ha costretti a vendere”. Ma la cessione, precisa Sologni, “non prevedeva l’obbligo, da parte dell’acquirente, cioè Armtrade, di farsi carico dei debiti”, che comunque, secondo l’amministratore unico di En.Cor Davide Vezzani, erano stati revocati, almeno dalla Banca di San Felice, prima che avvenisse la vendita. E sono le banche, aggiunge Vezzani, “ad aver rifiutato la sostituzione delle lettere di patronage”. Ora però spetterà al commissario risolvere il caso En.Cor, e portare avanti, per i prossimi mesi, fino alle elezioni, quella che si prefigura come una probabile battaglia in tribunale.

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