“Oggi finisce un’epoca e probabilmente ne inizia una nuova”. Secondo Giuliano Urbani, uno dei padri fondatori della prima Forza Italia, il giorno della decadenza di Silvio Berlusconi rappresenta un punto di rottura nella storia politica del nostro paese. Un momento che, fin dalle prossime settimane, imprimerà un cambiamento radicale allo scenario politico italiano. “Nell’economia di questi anni – ha spiegato a ilfattoquotidiano.it -lo considero un evento epocale”.

Due volte ministro (Funzione pubblica nel 94-95, Beni culturali dal 2001 al 2005), Giuliano Urbani è stato un tassello fondamentale nel percorso verso la discesa in campo di vent’anni fa. “Dal 1994 Berlusconi è sempre stato il catalizzatore della competizione politica in Italia – continua Urbani -. Adesso esce di scena e non può più essere protagonista in prima persona”. Come molti osservatori, anche l’ex ministro concorda sul fatto che Berlusconi continuerà a fare politica: “Però non potrà più essere lui il centravanti, dovrà accontentarsi di fare l’allenatore. Questo fatto introdurrà delle novità sostanziali”.

Cambia quindi il perno del sistema politico: “Cambierà il modo di farsi la concorrenza reciproca – spiega -. Ammesso che sarà Renzi il candidato del centrosinistra, a destra dovranno inventarsi un personaggio da mettere in campo in grado di tenergli testa”. E poco importa chi sia: “La cosa che fa più impressione non è tanto un nome o l’altro, quanto la certezza che l’alternativa a Renzi, non essendoci Berlusconi, si presenterà in modo comunque diverso da lui. Più o meno conflittuale, più o meno cooperativo, più o meno bellicoso e questo porterà inevitabilmente delle novità, fin da gennaio”.

Difficile pensare a un Berlusconi lontano dalla politica. Difficile pensare che il sistema mediatico digerirà velocemente un personaggio così ingombrante e così presente nell’immaginario collettivo: “Anche io credo che lui farà di tutto per continuare a occupare tutto lo spazio possibile – continua Urbani -. Però sarà molto diverso. Lui ora è costretto a mettere in campo una squadra”. E non possono essere semplici figuranti ma persone capaci, autonome: “Il bipolarismo assomiglia molto al tennis – spiega -. Se davanti hai un giocatore che fa un certo gioco devi mettergli di fronte uno che sappia fare palle corte, passanti e smash, altrimenti finisce che perdi 6-0 6-0” e in politica sarebbe inaccettabile, tanto più per una squadra allenata da Berlusconi.

“Lui è un uomo con un fortissimo orgoglio e un fortissimo senso di sé – conferma Urbani -, quindi sta vivendo malissimo questa fase”, probabilmente anche perché è consapevole del fatto che non potrà portare la nuova Forza Italia ai livelli del 1994: “Allora Berlusconi aggregò attorno a sé tutte le forze anticomuniste, creando una compagine estremamente eterogenea. Quello secondo me fu un errore strategico. Eravamo forti elettoralmente e ma debolissimi sul piano programmatico. Un gruppo che garantiva numeri importanti ma che era politicamente ingessato ogni volta de doveva affrontare temi nevralgici”.

E per chi come Urbani aveva visto in Forza Italia un’autentica spinta liberale, quello è stato da subito un handicap pesante: “Di allora ricordo l’emozione positiva e galvanizzante di veder nascere una forza espressamente liberale. Ma dall’altro lato ricordo anche il disagio di essere stato assieme a partner con cui avevo poco in comune. Vedi la Lega secessionista o Alleanza nazionale. Ma così anche gli ex democristiani: con Casini, Follini e Tabacci non avevo quasi nulla in comune”.

Oggi, ragiona Urbani, il paese non si può più permettere un partito che punta tutto sull’aggregazione dei nemici dello spettro comunista. Oggi servono un’operatività e una dinamicità al passo con i tempi. Servono risposte. Ecco perché nel giorno della decadenza, l’auspicio dell’ex ministro è che l’Italia riesca a superare Berlusconi: “Mi auguro che con la sua uscita di scena finalmente qualcuno ci dica come abbattere il debito pubblico, che ci dicano come convivere con il 3% del patto fiscale europeo. Le vere domande sono queste, alla gente non importa che ora la maggioranza sia forte e coesa, la gente vuole sapere cosa fai per il paese”. 

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