Che cosa facciamo noi per l’ambiente? In Sardegna oggi, in Toscana nel 2012, in Liguria e in Veneto nel 2011 la natura sfoga la sua rabbia in piogge che corrono sul cemento. Uccidono.Colpa del cielo, ma prima di chi lo maltratta.

E di nuovo quella domanda: che cosa facciamo noi per l’ambiente? Chi scrive ripensa ai giorni della scuola, quando, con la calligrafia incerta del bambino, tappezzava il paese di manifesti – “Abbasso la caccia” – sfidando gli sguardi degli uomini che ogni sabato d’inverno uscivano con lo schioppo (si chiamava così, allora). Era la loro passione e quel bambino rompiscatole gliela faceva andare di traverso. Poi un giorno si smette: non si mettono più manifesti, non si firmano più petizioni. Ti senti ridicolo. E hai già abbastanza problemi, altro che i fagiani! Ma la ragione profonda è un’altra: ti convinci che alla fine non cambierà niente. É il bivio dell’età adulta: accettare la vita (chiamatelo realismo o rassegnazione) oppure batterti sapendo che servirà a poco o a nulla (che sia velleitarismo o idealismo)? Ognuno dà la sua risposta. Capita per tante battaglie. Così per l’ambiente, parola che abbiamo scelto non a caso, un po’ asettica e distante. Che, però, più concretamente, significa la terra dove viviamo. L’aria che respiriamo. Il cibo che mangiamo. Il mondo che lasceremo ai figli.

Ecco, la nostra generazione ha un’opportunità unica. L’alternativa sviluppo-ambiente si può superare. Possiamo “sfruttare” la natura proprio salvaguardandola e proteggendo noi stessi. Possiamo trarne un beneficio economico per le nostre famiglie e milioni di posti di lavoro. In Italia la prima industria è il turismo (15% del pil), che ha bisogno di ambiente integro. Di più: 3,3 milioni di persone hanno un’occupazione grazie alle professioni “verdi”. Potrebbero essere molti di più, perché nessuno forma 500 figure professionali che l’economia richiede. Bisognerebbe che lo Stato e noi tutti ci credessimo.

Come dimostra la legge di stabilità, il governo Letta ha imboccato la direzione opposta: con lo specchietto per le allodole degli stadi fa un regalo ai signori del cemento. Poi la sanatoria per i comuni che non fanno la raccolta differenziata. Infine il via libera all’asfalto con i 10 miliardi della Mestre-Orte. Ma noi facciamo la nostra parte? Certo, possiamo non votare i Cappellacci di turno.
Partiamo, però, dalla casa. Ci vuole un investimento, ma garantisce risparmi futuri. E offre lavoro. Serve una scelta di fondo. Che non si fa solo per il portafogli. Come dice Luca Mercalli: non vogliamo il ritorno al medioevo, anzi. Sarà una soddisfazione più profonda a ripagarci. La consapevolezza di contribuire al bene comune. Il ritrovato senso del futuro. Che ci aiuta ad affrontare questo aspro presente.

Il Fatto Quotidiano del Lunedì, 25 Novembre 2013 

(Foto Lapresse)

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