Difesa delle donne. Difesa del pianeta. E difesa del pianeta da parte delle donne. Proprio in questo momento convergono all’attenzione di tutti e contemporaneamente, due temi cruciali:

1. quello della lotta alla violenza contro le donne, da un lato

2. quello della lotta alla violenza contro il Pianeta, dall’altro.

Al primo ci richiama – oltre all’allarme rosso che emerge continuamente dai dati – la giornata internazionale del 25 novembre, indetta dall’Onu per debellare la brutalità che colpisce il genere femminile in tutti i paesi. Al secondo ci richiama un allarme rosso grave e globale perché rischia di travolgere tutti noi in una frana senza ritorno: quella del pianeticidio.

Lo scorso 20 settembre il summit internazionale delle donne per il clima ha emesso una dichiarazione appello per azioni urgenti in difesa del clima e per soluzioni sostenibili.

L’invito, che si rivolge a tutte le donne e a tutti gli uomini del Pianeta va raccolto subito, senza por tempo in mezzo.

Non potrei non farlo: perché fin dal primo momento il mio impegno politico ha posto al centro la sostenibilità dell’azione umana e la necessità che si garantisca il futuro per i nostri figli. Non c’è economia che tenga senza un drastico ripensamento della gestione delle risorse e quando parlo di risorse intendo l’atmosfera, le acque, il suolo, le foreste e tutto ciò che di vivo o inanimato abiti il Pianeta.

Mi preme parlarne oggi mettendo in relazione la devastazione ambientale con l’esclusione delle donne dalle decisioni rilevanti che riguardano la politica ambientale per il Pianeta. Per giunta, come molto opportunamente mette in luce la dichiarazione, viene pagata in misura maggiore e  più grave proprio dalle donne e dai bambini.

La violenza contro il Pianeta si rivela così legata a doppio filo alla violenza contro le donne.

Dal giorno di quella dichiarazione, quante (altre) catastrofi hanno spazzato il Pianeta? Numerose, solo negli ultimi giorni le Filippine, l’Illinois e oggi l’Italia, che sta vivendo con la tragedia sarda e quella calabrese, l’ennesima crisi da mancata prevenzione ai cambiamenti climatici.   

Impressionanti sono anche le notizie dei veleni con cui abbiamo imbottito il Pianeta. Sempre per restare in casa nostra, basti pensare a quello che in Sardegna è ormai soprannominato il lago al cianuro. Cosa sarebbe successo se l’alluvione di questi giorni l’avesse fatto esondare? E che dire della Campania ridotta a un gruviera infarcito di rifiuti tossici?

Cosa dobbiamo aspettare dunque, ancora?

Scrive Michele Serra (due giorni fa) che “la questione ambientale sembra gravare sulle sole spalle degli individui e delle associazioni ambientaliste, perché sui politici non si può davvero far conto.” Fa male dovergli riconoscere che la politica nel suo insieme è ancora incapace di dare risposte adeguate e prioritarie compresa la necessità di una buona e celere programmazione per correre ai ripari.

Non sarà mettendo la testa sotto la sabbia che il problema verrà risolto: sarà solo accettando di sapere: come ha avuto l’umiltà di voler fare pochi giorni fa Papa Francesco. Perché vi garantisco: se non si è mascalzoni, dopo avere avuto contezza di certe verità non si può più restare con le mani in mano.

E’ necessario cambiare visione. Oggi lo voglio ricordare guardando insieme allo stupro delle donne e a quello del Pianeta, in nome della relazione che li lega e che l’economista Vandana Shiva ha saputo bene evidenziare.

La dichiarazione internazionale delle donne è reperibile in rete anche recitata interamente in italiano:

Come dice la sua descrizione: non è retorica, non una è perdita di tempo, è una proposta precisa che chiama tutte/i, ciascuna e ciascuno di noi, a impegnarsi in prima persona, nel privato, nel pubblico e in politica, e a chiamare tutte e tutti a fare lo stesso.

Io rispondo, spero che a farlo saremo in tante, in tanti.

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