Troppo spesso ci accontentiamo di denunciare le storture di questa nostra società. Ma se alla denuncia non segue la risoluzione del problema, a che è valso denunciare? Alla denuncia deve seguire il pensiero propositivo e l’azione. Ci vuole umiltà e impegno per provare a venire fuori da situazioni difficili. Primo Levi, in un’intervista, sosteneva che le belle persone sono la maggioranza, peccato che stiano sempre zitte. Peccato che con il loro silenzio lascino il campo al peggio che questa società partorisce.

E’ arrivato il momento di parlare e provare a sporcarsi le mani tirando fuori idee capaci di tentare una anche minima risposta ai tanti problemi che ci affliggono. Non essendo un tuttologo, mi limito a parlare di situazioni difficili cui ho dedicato studio e azione. I diritti umani. In modo particolare i diritti del popolo rom. Siamo tutti d’accordo nel sostenere che i campi nomadi sono una stortura della società italiana. I campi nomadi legali esistono solo in Italia, nel resto del mondo i rom vivono, come tutti, in appartamenti o se estremamente poveri, sotto i ponti o in baraccopoli come molti poveri.

I campi nomadi rappresentano un problema per chi vi abita. Un problema che se non è affrontato e risolto si ripercuote sulla società intera. Porto un esempio. A Giugliano, in provincia di Napoli, si trova la discarica Masseria del Pozzo. Tra il 1995 e il 2002 sono stati sversati quattro milioni e mezzo di metri cubi d’immondizia. L’Arpac nel 2010 certificò la presenza nel sottosuolo e nelle acque della zona, di manganese, ferro, piombo, benzene, toulene, tetracloroetilene, idrocarburi, floruri e azoto ammoniacale con valori di gran lunga superiori a quanto previsto dalla legge. Sostanze che certo non rappresentano un toccasana per la salute di chiunque. In questa zona il Comune di Giugliano ha alloggiato più di seicento persone. Tra essi molti, molti bambini. 

Mi chiedo e chiedo ai miei lettori, a cosa porterà una situazione del genere? Davvero qualcuno crede di risolvere il problema che hanno i rom confinando i rom? Davvero qualcuno è così ingenuo da pensare che una situazione esplosiva come quella della discarica di Giugliano possa portare beneficio a noi non rom? Davvero si pensa che il rom confinato tra rifiuti e aria pestilenziale si inchini al nostro passaggio e ci ringrazi per il dono ricevuto? Segregazione, questa è la realtà dei rom. Realtà non meno reale di quella che li vede protagonisti di furti.

Se si vuole risolvere un problema, bisogna agire. E l’unica azione degna di un Paese civile è la soppressione totale dei campi nomadi. Solo dando rispetto si potrà, poi, chiedere il rispetto di regole condivise.

La nostra realizzazione nella vita dipende sia da noi e sia dalle possibilità che ci concede la società nella quale viviamo. Proviamo a immaginare i nostri natali in un campo rom. Proviamo a immaginare noi e i nostri figli nascere non in una casa calda, ma in un campo nomadi: quale sarebbe oggi la nostra quotidianità? Se Michelangelo fosse nato in un campo nomadi, avrebbe realizzato la Cappella Sistina? Assumersi la responsabilità di un pensiero e di un’azione che porti beneficio ai nostri figli, è l’unico modo per credere ancora in questa vita e dare un significato alla nostra esistenza.

Invito allora tutti coloro che non intendono lasciare il campo a chi prospera mettendo gli “ultimi” contro gli “ultimi”, a compiere una piccola azione. Un appena-appena. Invito i lettori a firmare un appello per lo sgombero immediato dei campi nomadi. L’Associazione 21 luglio di Roma sta portando avanti una campagna nazionale per l’abolizione dei campi nomadi. Civiltà significa volontà di futuro attraverso l’azione.

“Si può dire che la vera vita cominci appunto là dove comincia l’appena-appena”, diceva Tolstoj, “là dove si producono appunto quei mutamenti infinitamente piccoli, che a noi sembrano degli appena-appena. La vita vera non avviene là dove si compiono i grandi cambiamenti esteriori, là dove gli uomini vengono a trovarsi gli uni di fronte agli altri, e lottano e si uccidono a vicenda, ma solamente nella dimensione di quell’appena-appena, in cui compiono mutamenti differenziali.”

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