No, non mi riferisco al formaggio, ma al vino. Vino naturale, artigianale, biologico, biodinamico, vero, contadino. Decine di etichette – e certificazioni – autoreferenziali (tranne il biologico che ha una regolamentazione, che dice ben poco, essendo solo lievemente restrittiva di alcune sostanze e quantità), in lotta per un pezzo di nicchia. Che il suo peso comincia ad averlo, e che hanno lo scopo di raccontare il vino nella sua dimensione più sana: l’aderenza al concetto di terroir e la lontananza da un’enologia troppo tecnica e invasiva. Insomma, chi ama il vino oggi, è sempre di più interessato alla sua diversità d’annata, di uvaggio, di lavorazione e meno alla sua standardizzazione industriale

Una tensione che vive molto nella denominazione del Pecorino, sempre più animata da un’interessante vena naturalista che contraddistingue le bottiglie più stimolanti e le allontana dal desiderio di scimmiottare il Sauvignon Blanc. Generalmente non mi strappo le vesti per il Pecorino (che continua a non essere il mio vino), anche per le troppe interpretazioni caricaturali, tutte giocate sull’alcool e la concentrazione. Soprattutto è un vino che soffre molto il caldo e paga il problema che dà il meglio con qualche annata alle spalle. Ma chi compra il Pecorino per dimenticarselo in cantina? Qualche azienda interessante (vini tutti intorno ai 10 euro).

Aurora: azienda riferimento della rinascita biologica della DOCG di Offida dal almeno trent’anni. Noti anche per un ottimo Rosso Piceno (tra i migliori acquisti qualità/prezzo in assoluto), il loro Fobbio è un’istituzione. Anche qui, come per altri Pecorino, la 2010 rimane l’annata migliore da molto tempo; quella che esprime al meglio la capacità di equilibrare la dirompenza di questo bianco con un carattere teso e salino che non ne appesantisca la bevibilità.

PS Winery. Recentissima realtà che è partita molto bene, ancora con un 2010. Il vino si chiama Aurai e nasce da una selezione dei migliori grappoli, con affinamento in rovere francese. Olfattivamente sorprende per complessità e presenta una rusticità (buona) che mi ha ricordato molto il Verdicchio Terre Silvate de La distesa (sarà la relativa vicinanza di luoghi e di pratiche naturaliste). In bocca è complesso, piacevole e agile. Il 2011, invece, è uscito in piccole quantità a causa dell’annata troppo calda, mentre il 2012 non è ancora pronto.

Valle del Sole: piccola realtà che avevo scoperto qualche anno fa alla fiera Sorgente del Vino. Il loro 2009 era un bell’esempio per la denominazione: potente, ma molto più dritto e sapido rispetto al Pecorino a cui siamo abituati, con una nota agrumata molto piacevole. Purtroppo, invece, l’ultimo assaggiato, il 2012, mi ha deluso: non ancora pronto è sovrastato dall’alcool e da una bocca larga e poco precisa. Provo a lasciarne una bottiglia in cantina a lungo, curioso dell’evoluzione.

Poderi San Lazzaro: un classico del territorio di Offida, il Pistillo è il più qualitativamente costante del lotto, anche se l’usuale predilezione per il 2010 torna anche nel vino di Paolo Capriotti. Qui le note si fanno generalmente più morbide, sia al naso che in bocca e il vino risente meno della giovinezza. Anche se l’invecchiamento gli giova decisamente. Tra i tanti provati quest’estate da citare anche Le Merlettaie, Villa Angeli e San Filippo. E da provare il Pecorino Mida di Allevi, consigliatomi proprio da PS Winery come uno dei migliori in circolazione.

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