Francia, cercasi presidente disperatamente” è il titolo dell’ultimo editoriale di Serge Raffy sul Nouvel Observateur. L’allusione, ovviamente, è a François Hollande. Che sta precipitando nei sondaggi. “Precipitare”, mai tale parola è stata così appropriata: l’ultima inchiesta di YouGov, condotta per l’Huffington Post francese, dà al Presidente appena il 15 per cento di consensi (3 per cento “molto favorevole” e il 12 per cento “favorevole”). E’ il minimo assoluto registrato da Hollande: un livello mai raggiunto neanche da Nicolas Sarkozy, che a un certo momento era pure lui “precipitato”. Per il resto, il 49 per cento dei francesi si è detto “molto sfavorevole” e il 27 per cento “abbastanza sfavorevole”. Indeciso appena il 9 per cento.

Gli analisti politici a Parigi puntano il dito soprattutto sui problemi di comunicazione (che spesso proprio non c’è, rispetto a un Sarkozy, l’iperpresidente lo chiamavano, che comunicava costantemente) e su un cambiamento di stile (più semplice, diretto, “sono uno come voi…”) che alla fine non ha funzionato. Come sottolinea giustamente Raffy, “Hollande ha pensato che, diluendo il potere in una governance alla scandinava, sarebbe uscito dalla trappola della quinta Repubblica, dal tranello della Francia sempre monarchica. Ma l’effetto boomerang di questa strategia, teoricamente nobile, è un fiasco assoluto. Per una ragione semplice: il Paese ha bisogno di essere rassicurato. Cerca disperatamente un boss, un padrone, un padre, un faro nella tempesta”. Lo era Sarkozy, che, nei momenti di crisi, suoi (nei sondaggi) e in generale, convocava subito una conferenza stampa in diretta televisiva e lanciava l’ennesimo progetto “per reinventare la Francia”, per poi scoprire dal giorno dopo che aveva ricicciato qualcosa di già esistente.

Hollande non è un boss, non lo è mai stato. E questo è un problema. Peccato che si ritrovi a pagare anche per problemi che non sono suoi o non solo suoi. Tipo un deficit pubblico ancora alto (a fine anno il 4,1 per cento del Pil, mentre in Italia stiamo a discutere del 3 per cento). Che, comunque, è in gran parte l’eredità della politica spendacciona di chi l’ha preceduto (Sarkozy, appunto). Hollande si ritrova ad agire in un contesto economico difficile, con gli scarsi margini che gli lascia l’Europa. Ha rivisto con coraggio una politica fiscale profondamente ingiusta, come quella voluta dal suo predecessore, che favoriva i più ricchi. Certo, avrebbe dovuto osare di più, andare pure contro Bruxelles, contribuire a correggere le rigidità di tutto il sistema voluto dalla Germania.

Ma il problema è soprattutto un altro: i francesi vorrebbero che li illudesse di più. Vorrebbero un boss, un padrone, un monarca duro e rassicurante al tempo stesso. Proprio in questi giorni Sarkozy ha ricominciato a farsi vedere in giro, in cerimonie pubbliche. Tutti scommettono che si presenterà alle presidenziali del 2017. Dove i francesi potranno riprenderselo, se vogliono, il loro imbonitore. Un boss perfetto. Il padrone. Il padre. Il faro nella tempesta.

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