Ok Computer è l’emblematico titolo che i Radiohead scelsero per annunciare al mondo che un Personal Computer poteva finalmente (nonché dichiaratamente) suonare al fianco di Rock Star in carne ed ossa. Nel 2010 il compositore tedesco Hans Zimmer (nato professionalmente proprio grazie all’uso intensivo dei campionatori), pubblica il video del Making of della colonna sonora del film The Dark Knight di Chris Nolan, in cui mostra come il computer sia ormai un elemento centrale del lavoro creativo e compositivo. Tralasciando la musica elettronica colta e commerciale, generi in cui l’utilizzo del computer è un elemento costitutivo sin dalle origini, è interessante notare come in molte tipologie di musica che fino a qualche anno fa facevano del divieto di computer un proprio punto di forza, oggi esso sia largamente utilizzato. Inevitabile chiedersi dunque: chi, o sarebbe meglio dire, che cosa suona la musica che ascoltiamo?

Sebbene il computer sia oggi in grado di riprodurre qualsiasi tipo di strumento musicale, particolarmente interessante, per ragioni di complessità, sembra essere il caso delle orchestre virtuali. Nate con il nobile scopo di consentire alla maggior parte dei compositori di scrivere potendo ascoltare in tempo reale la propria musica, le orchestre virtuali si sono rapidamente evolute sino al punto di fare concorrenza ad ensemble strumentali di alto livello. Le prime simulazioni erano talmente approssimative da dar luogo ad un sound totalmente dissimile dal vero ma così tremendamente caratteristico al contempo da essere ancora oggi molto amato dagli appassionati di Rpg e Retrogaming. Negli anni, questa tecnologia è migliorata in modo sorprendentemente rapido e come si paventa dai tempi di Mary Shelley in poi, i prodotti dell’uomo, inizialmente rozzi e goffi, iniziarono a far paura ed a prenderne rapidamente il sopravvento. 

Oggi è possibile affermare con certezza che in ambito musicale il sorpasso quantitativo delle macchine sull’uomo è ampiamente consumato. Molta della musica che ascoltiamo al cinema, in televisione, nei dischi o nei media in generale, è in effetti realizzata interamente o in larga parte tramite l’uso di programmi in grado di riprodurre fedelmente il suono e le sfumature dei vari strumenti musicali (archi, fiati, percussioni). Perfino nel caso delle performance vocali (unico ambito in cui il computer non è realmente sostitutivo) si ricorre comunque all’impiego di software per la correzione dell’intonazione e del ritmo. Molto spesso dunque, quando sentiamo un violino, un pianoforte, una chitarra o un corno, non si tratta di un’esecuzione reale ma di una simulazione virtuale.

L’aspetto più sorprendente della questione è che la tecnologia Vst (nata nel 1997) era inizialmente utilizzata solo da piccole produzioni e comunque nell’ambito di lavorazioni in cui alla musica non era dato particolare risalto. Tuttavia da un punto di vista squisitamente qualitativo, fino a verso la fine del 2007, fare un paragone tra un’esecuzione virtuale ed una tradizionale non avrebbe avuto alcun senso. Recentemente la situazione sembra però essere nettamente cambiata. In virtù di un’evoluzione tecnica esponenzialmente rapida, ci troviamo oggi difronte al dato esteticamente rilevante, secondo cui anche molte produzioni ad alto budget preferiscono ricorrere per lo più all’impiego di orchestre virtuali.

Quando ad utilizzare questo sistema di lavoro sono perfino le grandi produzioni Hollywoodiane (la cui scelta non può certo essere dettata da ragioni economiche), sorge spontanea una domanda. Frankenstein ha forse superato il suo creatore? È possibile che una serie di computer possa sostituire la bravura di maestri d’orchestra di alto livello? La realtà è che ogni sistema ha caratteristiche e possibilità espressive diverse nonché, punti di forza funzionali al raggiungimento di scopi estetici profondamente differenti. In un film come il Batman di Nolan, il suono potente e un po’ squadrato dell’orchestra virtuale trova la sua collocazione migliore. Viceversa, in una pellicola come The Artist di Michel Hazanavicius, le sfumature di un’orchestra vera saranno insostituibili.

Tuttavia, se ormai siamo al punto in cui queste sottili differenze (che pur resistono tra i due sistemi) sembrano percepibili per lo più dagli addetti ai lavori, dall’altro il paragone tra un’esecuzione virtuale ed una tradizionale è generalmente fatto, evocando contra computer, il suono delle migliori orchestre del mondo (Berliner, Wiener, London Symphony, etc). Chiaramente, la stragrande maggioranza della musica oggi prodotta, non è affatto eseguita da orchestre di un livello simile o anche lontanamente paragonabile. La nota colonna sonora del film Conan il Barbaro di John Milius, è forse l’esempio più lampante di come un’esecuzione tradizionale approssimativa e frettolosa possa incidere negativamente su un lavoro di buon artigianato compositivo. Se il povero Basil Poledouris (compositore) ne avesse avuto la possibilità, avrebbe probabilmente scelto di ricorrere ad un’orchestra virtuale.

Chi segue il meraviglioso programma radiofonico La Barcaccia, saprà che nella rubrica Le perle nere sono raccolte una serie di registrazioni live di orchestre provenienti da ogni angolo del mondo, alcune delle quali sono talmente devastanti da rendere il brano originale quasi irriconoscibile! L’orchestra virtuale inoltre sembra avere racchiuse in sé possibilità timbrico espressive non del tutto esplorate. Potendo intervenire chirurgicamente su ogni componente dell’orchestra, nonché sul suono di ogni strumento, sarebbe limitante concepirla solo come mera sostituta di un’orchestra reale. Argomento quest’ultimo su cui sarà certamente interessante tornare…

Il sorpasso quantitativo è certamente legato più a ragioni economiche che estetiche. Quello qualitativo invece (escludendo le migliori orchestre sopra citate) sembra derivare sia da questioni tecnologiche, sia dal fatto che le orchestre virtuali più evolute (VslEwqlsoLass, etc) sono in realtà create proprio campionando il suono dei migliori ensemble sinfonici del mondo. La questione appare quindi fortemente ambivalente. Come spesso accade quando la tecnica si evolve senza politiche che la sorreggano, succede oggi che se da un lato molti compositori hanno la possibilità di realizzare egregiamente (almeno da un punto di vista tecnico) la propria musica, dall’altro sono spariti altrettanti strumentisti che vivevano proprio di piccole e medie produzioni. Certamente alle orchestre minori restano comunque le esibizioni dal vivo, almeno fino a quando (e credo sia già avvenuto) qualcuno non deciderà di mettere in scena dei computer.

 

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