Viadana Facchini, una cooperativa fondata sull’integrazione. Si potrebbe riassumere con queste parole lo spirito della realtà nata a Viadana – terra di confine fra le province di Mantova, Parma e Cremona – nel 1995 e arrivata ad avere il 98% di soci-lavoratori di nazionalità straniera. In un video documentario di 46 minuti la coop, con pochi eguali sul territorio nazionale, è stata raccontata da Cristian Dondi (regista), Cristiano Ferrarese (sindacalista e sceneggiatore) e Luca Dicorato (sceneggiatore) che hanno ideato, girato e montato un docufilm intitolato “La favola Mia” (dalla canzone di Renato Zero di cui è grande appassionato Paolo Zanazzi, una delle menti italiane della coop). Il video è stato apprezzato anche dal ministro Kyenge e dalla presidente della Camera, Laura Boldrini, che hanno avuto modo di vederlo e di conoscere la particolare cooperativa. 

Attraverso le storie di quattro ragazzi che lavorano per la Viadana Facchini viene descritta una realtà sorprendente. Dei quasi 400 soci, solo in pochissimi sono italiani e le cose funzionano. La cooperativa lavora – anche se in questi ultimi anni la crisi si è fatta sentire – e l’integrazione fra romeni, ucraini, indiani, nigeriani e senegalesi sembra aver trovato un collante fondamentale nel lavoro e nello spirito cooperativo che caratterizza l’attività quotidiana. “Le differenze di cultura e religione – spiega Bhupinder Singh, socio-lavoratore indiano che fa parte del consiglio di amministrazione e si occupa di amministrazione del personale – sono state annientate da un obiettivo comune che è sopravvivenza della cooperativa attraverso il lavoro”. “In tutti questi anni – gli fa eco Paolo Zanazzi, fra i fondatori della cooperativa e membro del cda di cui fanno parte, oltre a Bhupinder, due cittadini albanesi e una ragazza romena – non abbiamo mai avuto problemi di intolleranza all’interno del nostro corpo sociale. Qualche problema l’abbiamo avuto all’inizio, nel ’95, quando alcune ditte per cui fornivano servizi non volevano persone di colore. Poi il tutto è stato superato grazie all’ottimo lavoro svolto dai ragazzi e qualcuno di loro è stato anche assunto da chi prima non lo voleva”.

Partita con pochi soci-lavoratori, stranieri e italiani, la cooperativa, che si occupa di servizi di movimentazione merci e gestione dei magazzini, è cresciuta grazie alla serietà di chi la amministra e di chi ci lavora. Gli stranieri non vengono solo assunti, ma seguiti, inseriti nel tessuto sociale in cui vivono: “La conoscenza dell’italiano e delle nostre regole, intese come leggi, diritti e doveri – dice ancora Zanazzi – è fondamentale per noi”. Fino al 2005 i soci-lavoratori erano 200 poi nel 2006 il salto. Grazie a una commessa molto importante per una ditta che imballa mobili per l’Ikea il corpo sociale è balzato a 450 soci-lavoratori con contratti per la maggior parte a tempo indeterminato. Poi fra il 2008 e 2009 la crisi economica colpisce anche le aziende per cui la Viadana Facchini offre servizi e di conseguenza gli appalti si riducono, il lavoro cala e il corpo sociale della coop pure. “Abbiamo dovuto ricorrere alla cassa integrazione – spiega Zanazzi – e oggi siamo in 360. Questo perché il lavoro è diminuito, alcuni contratti a tempo determinato non siamo riusciti a convertirli a tempo indeterminato e di conseguenza una parte dei nostri lavoratori è tornata al proprio paese o ha scelto altre nazioni dove c’è più lavoro”.

Il fatturato, dai 9 milioni di euro del 2011, è passato ai 6 milioni del 2012. Ma ancora la cooperativa resiste. “Abbiamo dovuto fare scelte dolorose – confessa Zanazzi – e abbassare anche le nostre tariffe per rimanere sul mercato. I ragazzi, però, l’hanno capito e hanno accettato anche riduzioni di stipendio (si va dai 1200 euro al mese per le mansioni tecniche, fino ai 1400 di un addetto al controllo qualità, ndr) per favorire il lavoro di tutti”. Oltre alla crisi, la concorrenza nella cooperazione è alta e, spesso, poco trasparente. “Ci sono alcune cooperative – dice ancora il fondatore della Viadana Facchini – che giocano sporco. Io le chiamo “Spurie”. Applicano contratti firmati da sindacati pressoché sconosciuti, con poche tutele per i soci-lavoratori e retribuzioni molto più basse di chi aderisce ai contratti sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil. Ovvio che pagando meno chi lavora queste cooperative si mettono sul mercato a prezzi molto più vantaggiosi per chi deve comprare i loro servizi”. E anche sulla fragilità e ricattabilità degli stranieri queste e altre cooperative poco corrette fanno leva per abbattere i loro costi: “Chi gestisce queste coop – dice Zanazzi – sa che lo straniero è condizionabile. Per rinnovare il permesso di soggiorno ha bisogno di lavorare e accetta qualsiasi condizione. Questo succede soprattutto in agricoltura, un po’ meno nell’industria. Ma per mettere un freno a queste situazioni poco dignitose servirebbe un intervento deciso da parte di Legacoop e delle associazioni di categoria per fissare regole più chiare e un prezzo minimo di offerta dei servizi oltre al quale non si può scendere senza ledere i diritti di chi lavora”.

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