Intesa SanPaolo chiude i primi nove mesi del 2013 con un utile netto di 640 milioni, meno della metà degli 1,68 miliardi di un anno prima. Non va meglio sul fronte trimestrale che evidenzia un risultato netto di 218 milioni, praticamente dimezzato rispetto allo stesso periodo del 2012. Quasi tutti in flessione, del resto, gli indicatori del conto economico della banca di Giovanni Bazoli sia su base trimestrale che su quella dei nove mesi. Con l’eccezione degli accantonamenti il cui ammontare nei tre mesi da luglio a settembre è salito a 1,5 miliardi (da 1,31 miliardi del terzo trimestre 2012) e nei nove mesi ha raggiunto quota 4,34 miliardi contro i 3,53 miliardi dell’anno prima. In lieve progresso, a dire il vero, anche il patrimonio, con il  coefficiente Core Tier 1 che si è attestato al 12,1% contro l’11,7% del 30 giugno.

Del resto l’istituto milanese per sua stessa ammissione nei primi nome mesi dell’anno ha proseguito in una “politica di accantonamenti particolarmente rigorosa e prudenziale”: gli stanziamenti a fronte dei rischi creditizi ammontano a 4,031 miliardi, in crescita del 23,9% rispetto ai primi nove mesi del 2012. In particolare la copertura specifica dei crediti deteriorati è salita al 44,5% e quella delle sofferenze (12,821 miliardi di euro) al 61 per cento. Mentre i flussi lordi di nuovi crediti deteriorati nei 9 mesi ammontano a 10,8 miliardi di euro, 3,7 dei quali nel solo terzo trimestre che porta il totale a quota 30,816 miliardi (+8,2% sul 31 dicembre 2012). Notevole in questo ambito il balzo degli incagli che sono saliti a 13,037 miliardi di euro dagli 11,495 di fine 2012, “anche a seguito della riclassificazione di una singola posizione (quella della Tassara di Romain Zaleski, ndr) precedentemente inclusa nei crediti ristrutturati pari a circa 690 milioni al 30 settembre 2013 (al netto delle rettifiche, rimaste invariate)”, come spiega la stessa banca. E’ invece di 1,467 miliardi il controvalore delle rettifiche nette operate dall’istituto sui crediti nel trimestre, somma che sale a 4,031 miliardi sui nove mesi, in deciso aumento rispetto ai 3,224 miliardi dell’anno prima.

Sull’andamento del gruppo ha influiti anche la svalutazione della quota posseduta in Telco, la holding di controllo di Telecom Italia. Nel trimestre, si legge nel comunicato sui conti dei nove mesi della banca, emergono “28 milioni di oneri derivanti dall’impairment della partecipazione in Telco inclusi nell’utile su attività finanziarie detenute sino a scadenza e su altri investimenti”.

Per l’istituto, che come tutte le banche europee sta per affrontare la prova dei test comunitari sulla sua solidità, “anche nell’ultimo trimestre dell’anno 2013 rimarrà prioritario preservare la sostenibilità dei risultati da conseguire. Oltre che sugli obiettivi reddituali, l’attenzione sarà concentrata sul proseguimento delle azioni finalizzate al rafforzamento della solidità patrimoniale e all’ulteriore miglioramento del profilo di rischio e liquidità”. In particolare “continuerà ad essere costantemente presidiata l’efficienza e la produttività del gruppo. Le azioni di repricing consentiranno di contenere, in parte, le ripercussioni dello sfavorevole contesto atteso sui tassi di mercato. Lo stretto controllo dei costi permetterà di contrastare gli effetti indotti dall’inflazione e dagli automatismi. Il costo del credito rimarrà elevato”.

Ma la priorità assoluta per l’istituto resta la distribuzione dei dividendi agli azionisti “con dividendi pro quota già accantonati”. In particolare, sottolinea la banca la distribuzione “continua ad essere una priorità assoluta per il management, soggetta in ogni caso agli sviluppi del contesto esterno e delle norme e provvedimenti delle autorità di controllo”. Com’è prassi, intanto, Intesa ha accantonato nel corso dei trimestri dividendi pro-quota pari a quelli erogati relativamente al 2012 (dividend accruals), per 624 milioni di euro a fine settembre. Il monte dividendi 2012 era pari a 832 milioni.

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