Alitalia prende tempo sulla ricapitalizzazione per trattare ancora con Air France  o con altri non meglio precisati nuovi soci, ma approva comunque la revisione del piano industriale che ha ricevuto il voto contrario dei soci transalpini. Questo, in sintesi, il risultato del consiglio di amministrazione della compagnia di mercoledì 13 novembre che in extremis ha deciso di rinviare di altri tredici giorni il termine per la sottoscrizione della ricapitalizzazione da 300 milioni di euro indispensabile per dare fiato alla casse della società e inizialmente fissata per il 14 novembre.

Ufficialmente la proroga dei termini “è stata proposta e approvata anche per consentire a quei soci non rappresentati in cda di prendere coscienza della revisione del Piano”. Ma è chiaro che si tratta anche di tempo guadagnato per la trattativa con i francesi che hanno chiaramente detto di essere pronti a tirarsi indietro se le loro condizioni non venissero accettate. Un’uscita di scena che non sarebbe così indolore come vorrebbe far credere il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi che nei giorni scorsi si è profuso in dichiarazioni “distensive”. Fosse anche solo che all’appello mancherebbero una trentina di milioni necessari per il raggiungimento della soglia minima necessaria per la ricapitalizzazione.

La mancata partecipazione di Air France – Klm alla ricapitalizzazione tra il resto, poi, metterebbe a serio rischio anche quella di Poste Italiane (la cui assemblea sull’operazione Alitalia è comunque in calendario per il 20 novembre) che diventerebbe ancora più attaccabile da Bruxelles, dove la Commissione Ue è già al lavoro per valutare gli aiuti di Stato ad Alitalia.

E anche se la compagnia guadagna ancora un po’ di tempo, le mosse dei francesi non lasciano ben sperare, visto che i rappresentanti di Parigi in cda hanno comunque votato contro la nuova versione del  piano industriale della compagnia che  prevede un severo taglio dei costi (si parla di circa 200 milioni di euro e di 2mila esuberi), la riduzione del numero di aerei a medio raggio, ma anche un aumento dei voli internazionali e intercontinentali, diversamente da quanto richiesto da oltralpe.  Parigi, in particolare, ha apprezzato la parte industriale, che “va nella giusta direzione”, ma mancherebbero adeguate misure di riduzione del debito. Secondo i soci, infatti, le conseguenze finanziarie del piano “appaiono sopravvalutate e tali da non generare i flussi di cassa sufficienti a ripagare lo stock del debito”.

La mossa, del resto, non sorprende. Nei giorni scorsi da Parigi era trapelata un’iniziale soddisfazione per gli aggiornamenti del piano Del Torchio, che però non sarebbero ancora sufficienti a far sciogliere positivamente le riserve di Air France. Il piano, secondo quanto riportato martedì 12 dal quotidiano economico Les Echos, per Parigi “è stato migliorato ma non sufficientemente. Le previsioni finanziare e di traffico su cui si basa ci sembrano irrealistiche. Il ritorno all’equilibrio alla data prevista da Alitalia ci sembra inarrivabile”.

Intanto il tema degli esuberi ha già sollevato le proteste dei sindacati, già co-protagonisti del “salvataggio” del 2008 della compagnia. “Non accetteremo piani con esuberi”, ha detto chiaramente il leader della Cisl Raffaele Bonanni al termine dell’incontro di martedì 12 con Lupi, mentre Susanna Camusso ha fatto sapere che dai sindacati arriverà una “risposta dura” a eventuali tagli del personale definiti nel piano industriale di Alitalia. “Il problema non è solo Alitalia ma tutto il trasporto aereo”, ha dal canto suo sottolineato il leader della Uil Luigi Angeletti. Ottimista, poi, Giovanni Centrella: “Nell’ambito di un piano serio del trasporto aereo in Italia, credo che Alitalia possa farne uno senza esuberi”.

Nel mezzo Lupi che ha assicurato che la priorità del governo è la difesa dei posti di lavoro. “Gli interessi del governo su Alitalia sono molto semplici: il piano industriale con continuità aziendale, investimenti da parte di privati e la difesa dell’occupazione“, ha detto manifestando la convinzione che Air France aderirà. “Quando siamo andati in Parlamento abbiamo detto con molta chiarezza il percorso prospettato dall’azienda e anche dell’accordo di partnership industriale tra Poste e Alitalia”, ha poi ricordato sottolineando che “su 300 milioni di aumento di capitale i privati ne sottoscrivevano la maggioranza e Poste era disponibile, a fronte di investimenti e sinergie industriali individuate, a investire 75 milioni, che ci fosse Air France o che non ci fosse, sempre attraverso l’inoptato o attraverso la sottoscrizione di nuovi soci”. Il rapporto, ha quindi ribadito, deve restare questo.

Intanto, a un mese dall’inizio dell’operazione, l’aumento di capitale da 300 milioni ha raccolto adesioni per 71 milioni (Intesa SanPaolo 26 milioni, Atlantia 26 milioni, Immsi 13 milioni e Maccagnani 6 milioni), cui vanno aggiunti altri 65 milioni versati da Intesa Sanpaolo e Unicredit (a valere sulla loro garanzia di 100 milioni) per un totale di 136 milioni. E con i 75 milioni di Poste non verrebbe superata la soglia minima di 240 milioni da raggiungere per considerare valido l’aumento. Se Air France non partecipasse all’aumento, diluirebbe la propria quota (25%) sotto il 10% (secondo Credit Suisse al 6%).

Intanto si continua a guardare all’estero alla ricerca di un possibile un nuovo partner internazionale. Tra i papabili, però, circolano gli stessi nomi da anni: Air China, Etihad e Aeroflot. I russi, in particolare, non commentano ufficialmente su un possibile interesse per Alitalia, ma, secondo fonti del settore, la compagnia di bandiera russa resterebbe invece interessata a diventare partner, ma solo sulla base di un serio disegno industriale e finanziario, ritenendo la compagnia italiana complementare al proprio mercato.

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