Non saranno i tempi della finale scudetto 1998, con l’Nba Wilkins che sfiora l’avambraccio dell’altro Nba Danilovic regalando il titolo alle Vu Nere, ma per Virtus e Fortitudo Bologna l’entusiasmo è quello dei tempi migliori. I bianconeri battono l’Armani Milano e rimettono il muso avanti nella classifica di serie A1, i cugini biancoblu salutano la Don Bosco Livorno e si riassestano primi in classifica nel girone A della serie B Dilettanti. Quattro le serie di distanza tra Virtus e Fortitudo: morte, rinate, di nuovo decedute, di nuovo resuscitate nel giro di un decennio spaventoso. Ed ecco che basta un niente, un paio di acquisti azzeccati, l’orgoglio per la maglia, e in un giorno tra Unipol Arena in bianconero con 7500 spettatori e lo storico palazzo di piazza Azzarita colmo di 4000 tifosi dell’Aquila, che a Bologna si torna a parlare di Basket City.

“Oddio, forse esageriamo”, spiega al fattoquotidiano.it, il neo presidente Virtus, Renato Villalta, “certo è che questo ritrovato attaccamento al basket è una bellissima sorpresa. Questa città ha sempre fame di sport, a Bologna si tifa. Poi noi come Virtus teniamo i piedi ben appoggiati per terra, giochiamo di squadra, viviamo alla giornata. Sognare, in fondo, è l’unica cosa che non costa nulla”.

Villalta è l’artefice dell’ultima rinascita Virtus nella scorsa primavera: subentrato a Claudio Sabatini – che fece rivivere le “Vu Nere” (come viene soprannominata la squadra Virtus) dopo la radiazione del 2003 – sta rimettendo a nuovo la società organizzativamente ed economicamente. Dalle parti di via dell’Arcoveggio si racconta che anche l’acquisto di un block notes se non previsto a bilancio rischia di far andare su tutte le furie l’ex ala grande da 2,04, scudetto della stella nel 1984, maglia numero 10 ritirata e appesa sul soffitto dell’Unipol Arena. “Con le piccole gocce si fa il mare”, racconta il presidente. E a vedere la composizione del parterre di domenica 10 novembre durante la sfida al vertice vinta contro Milano, si capisce perché se non si vince lo scudetto, almeno non fallisce la società: l’ex presidente del consiglio Romano Prodi, i dirigenti del mondo cooperativo bolognese, il rettore dell’Università Ivano Dionigi, l’amato/odiato ex presidente Virtus Alfredo Cazzola, il presidente del museo Mambo e della Valsoia, Lorenzo Sassoli de Bianchi.

“Puntiamo sul vivaio, sui nostri giovani”, continua, “era facile con la società disastrata pensare a qualche nome di peso per risollevare l’attenzione dei media, ma avremmo rischiato troppo”. Ora i nomi di cui si parla sotto i portici di Bologna non sono più quelli di Rigadeau, Jaric, Sconochini, o Ginobili (che nell’Nba con i San Antonio Spurs ha appena steso New York e Philadelphia ndr) , ma Gaddefors, Imbrò, Fontecchio: quest’ultimo un diciottenne di due metri che 48 ore fa ha rifilato un tre su tre alla difesa delle ‘scarpette rosse’.

Anche sull’altra sponda, quella Fortitudo, si gongola e si gode. Squadra in testa al girone A della Divisione dilettanti, la Fossa che riempie ancora il “palazzo” come ai tempi belli di Carlton Meyers, Sasha Djordjevic o anche solo di Ruben Douglas che con una bomba allo scadere regalò lo scudetto alla F nel 2005. Certo è che anche qui, visto il budget da quarta divisione è la linea giovani a fare di necessità virtù: “La vera Fortitudo è rinata”, spiega Fabio Bazzani, ex attaccante di Lazio e Sampdoria, sempre in prima fila a seguire i biancoblu, “dopo tre tentativi andati a vuoto (nel 2011-2012 dopo la crisi per debiti del 2009 c’erano ben due Fortitudo in due campionati diversi ndr) più che ripartire dalla quarta serie non si poteva. Comunque più di 3000 abbonati e altri 1000 e rotti biglietti sono cifre che non trovano paragoni con altre realtà del basket italiano, nemmeno in serie A”.

Impossibile confondere “virtussini con fortitudini”, sacrilegio mortale mescolare De Coubertin con la palla a spicchi sotto le torri; solo Lucio Dalla, virtussino di nascita, poté permettersi il doppio abbonamento ad entrambe le squadre perché sotto i tabelloni c’era spettacolo. Ora visti i successi qualcuno pensa al derby, la stracittadina dove il risultato non è mai scontato, disputa ideologica che nemmeno Juve e Toro: “Un passo alla volta più che il derby”, continua l’ex bomber, “per ora facciamo pochi voli pindarici e godiamoci la Fortitudo a palazzo. Anche se un paradosso che non mi sarei immaginato è lo spirito e la grinta del nostro miglior giocatore, il play guardia Gherardo Sabatini, classe ’92, figlio dell’ex presidente Virtus. Solo a Basket City poteva succedere una cosa del genere”.

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