Per lo scontro salvezza della scorsa settimana tra il Bologna Calcio e il Chievo, sugli spalti dello stadio Dall’Ara sono arrivati in 15mila. Domenica nelle due arene del basket c’erano dodicimila spettatori. Si chiama Bologna, si legge Basket City. Di nuovo, dopo anni di grigiore e scomparse, sulle ali di un entusiasmo che in città fa impallidire il calcio. Prima in Serie A la Virtus; in testa alla classifica dell’ex B/2 la Fortitudo, tornata in possesso di quel codice di affiliazione alla FIP, il 103, che per la tifoseria è un simbolo. E si riaccende l’entusiasmo in una città che vanta 17 scudetti e a cavallo tra gli anni ’90 e i primi del 2000 trionfava in Italia e in Europa. Domenica la Virtus ha battuto Milano, strafavorita per il titolo, conquistando la quarta vittoria in cinque giornate di campionato. Alla Futurshow Station c’erano oltre 7mila spettatori, tra i quali l’ex premier Romano Prodi. In contemporanea, al PalaDozza, storica casa dell’altra sponda del basket bolognese, la Fortitudo ha battuto Livorno riprendendosi la testa della classifica. Lo ha fatto davanti a oltre 4mila tifosi e con il sostegno della curva più calda d’Italia, la Fossa dei Leoni, orfana di quel “codice 103” dopo la radiazione del 2010 e la nascita di due squadre (Eagles e Effe Biancoblù) nelle quali non si sono mai pienamente riconosciuti. Una tifoseria tanto vogliosa di riprendersi un simbolo da presentarsi al Forum di Assago durante le ultime finali di Coppa Italia: in campo Varese e Siena, sugli spalti loro, in trecento, a gridare la propria voglia di rinascita. Poi la riappropriazione e la ripartenza. E per il primo appuntamento della stagione una coreografia degna di una finale scudetto e un messaggio chiaro: “Post fata resurgo”.

Virtus tra simboli e giovani
Dalle ceneri di un (quasi) fallimento e dai propri simboli è rinata anche la Virtus, mai così in alto e così solida negli ultimi anni. Da pochi mesi la società è controllata dalla Fondazione Virtus, che conta diciannove soci tra i quali figura anche l’ex portiere del Bologna Calcio Gianluca Pagliuca. Il presidente è Renato Villalta, tredici anni in bianconero tra il 1976 e il 1989: “Un proverbio cinese dice che affinché il fiume riesca a convogliare più acqua possibile è necessario che ci siano due sponde forti. A Bologna si respira un’aria frizzante perché finalmente ci sono due società che lavorano con serietà – spiega – La Virtus era una realtà in difficoltà, con condizioni finanziarie disastrate. Quando siamo subentrati con la Fondazione ci siamo posti l’obiettivo di costruire solide fondamenta, rispettando il budget e puntando sulla trasparenza. Stiamo ricreando un senso di appartenenza, ormai sfilacciato. Saremo delle mosche bianche ma non vedo un’altra strada per puntare in alto e rimanerci”. Dietro la scrivania si è accomodato uno dei migliori manager del basket italiano, Bruno Arrigoni, e sul campo viene dato ampio spazio alla linea verde. Bologna ha scelto come capitano Matteo Imbrò, classe ’94, e dà fiducia anche a Simone Fontecchio, non ancora maggiorenne, e al campione europeo under 20 Aristide Landi. Ma coach Luca Bechi predica calma: “Finora è stato tutto bellissimo, in città si è riacceso l’entusiasmo e la società ha un progetto serio. Ma sappiamo quali sono i valori del campionato e, pur avendo battuto Sassari e Milano, è probabile che siano loro a prendere il largo”.

In testa agli estremi
Per ora però i due club-paperone del campionato sono dietro e Bologna divide il primato con l’immancabile Montepaschi Siena – non più la corazzata sportiva ed economica delle scorse annate, ma ancora forte abbastanza da essere lì – e con altre due sorprese, Cantù e Brindisi. I brianzoli sono ancora senza sponsor e hanno ridotto il budget dopo la chiusura di un ciclo che li aveva portati a essere l’unica squadra capace d’infastidire il dominio della Montepaschi. La famiglia Cremascoli, proprietaria di quasi la totalità delle quote, ha annunciato che a fine stagione diminuirà la propria partecipazione in società. E a Cantù è partita la caccia a nuovi partner. Come? Tramite l’azionariato popolare. L’obiettivo è fissato a quota 2 milioni di euro, in un mese ne sono stati raccolti poco più di 100mila. Una quota simbolica (duecento per cinque anni) la garantirà un tifoso di lusso, il premier Enrico Letta. Ma a Cantù puntano ad allargare il parterre d’onore anche alle ex stelle di uno dei club più vincenti d’Italia.

Per un primato che nessuno si aspettava, si esulta anche a Brindisi, mille chilometri da Cantù. La squadra è tornata in A nel 2010, dopo oltre venti anni di serie minori. Retrocessa alla fine della stagione, è ripartita da una base allargata che conta otto soci tra i quali l’ex presidente della Provincia Massimo Ferrarese, che da solo l’aveva portata dalla B/2 alla massima serie. Alle spalle uno sponsor importante come Enel, che in città gestisce una delle centrali a carbone più grandi d’Italia. Ma quando si tratta di basket, nessuno sembra farci caso. Da cinque anni i 3500 posti del palasport vanno esauriti in estate a suon di abbonamenti: “Se la Fortitudo Bologna riesce a fare oltre quattromila spettatori in quarta serie, noi con un impianto adeguato potremmo avere cinquemila persone ogni domenica perché la passione del nostro pubblico è simile – spiega il presidente Nando Marino – Lo attendiamo da anni, inizia a essere necessario. Siamo una “banda di matti”, che fa sacrifici enormi per coltivare il sogno di un’intera città, ma in queste condizioni non possiamo spingerci oltre”. E’ il basket italiano di provincia: in cerca di ossigeno e serenità anche mentre sogna a occhi aperti.

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