La terza guerra mondiale è già in corso ed è contro la natura”. Più o meno mi pare suonasse così una frase del compianto Barry Commoner. Dopo le prime due guerre mondiali in cui gli uomini si massacravano tra loro, adesso è in corso la terza, ma contro un diverso soggetto: la natura. Ho pensato a questo quando mi sono letto gli sconcertanti dati riportati da Luca Martinelli nella sua pregevole pubblicazione “Salviamo il paesaggio!“. Ovviamente sono dati riferiti solo all’Italia, ma riflettono un trend purtroppo non certo locale, se è vero che l’Unione Europea si è voluta dare l’ambizioso obiettivo di consumo di suolo uguale a zero entro il 2050. Alcuni esempi: tre milioni di ettari di territorio persi, un terzo dei quali agricolo, secondo l’Istat, tra il 1990 ed il 2005. Buona parte sono abitazioni. Peccato che poi oggi il mercato immobiliare sia in costante e drastico regresso: le compravendite di immobili sono state circa la metà nel 2012 rispetto al 2006. Sono 32 invece le nuove autostrade in costruzione od in progetto in Italia, per 2100 chilometri di lunghezza ed un costo pari a 54 miliardi di euro. Nel 2010 erano attive in Italia 5.736 cave, che estraevano 90 milioni di metri cubi di inerti. Buona parte di esse erano/sono lungo i fiumi e creano gravi situazioni di dissesto.

I numeri sono impietosi. Come quelli del rapporto ISPRA 2013. Nonostante la crisi del mercato delle costruzioni, il consumo di suolo nelle città d’Italia è aumentato dappertutto, con la percentuale più alta a Napoli (62,1 per cento) e la più bassa a Perugia (12,6 per cento). Complessivamente, il consumo di suolo in Italia è cresciuto (dati del 2010, l’aggiornamento è in corso) al ritmo di oltre 8 metri quadrati al secondo, pari al 6,9 per cento del territorio. Si continua a costruire, di meno, ma si prosegue, secondo una perversa logica di cui a un prossimo post. Intanto, per inciso, nel 2012 gli sfratti sono stati 67.790, di cui circa il 90 per cento per morosità, perché la povertà avanza inesorabile e secondo gli ultimi dati in Italia ci sono più di quattro milioni di nuovi poveri. E c’è chi continua a pensare che questo sistema di sviluppo possa avere un futuro.

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