Ho visto i giornalisti migliori della mia generazione mandare a quel paese i giornali.

È una cosa che so da qualche anno, forse, ma non ci avevo mai pensato davvero, fino a ieri. Quando ho ordinato un moscow mule con la cannuccia verde in un pub dove non vado mai e ho riconosciuto un volto familiare. Guardavo la barista che mi passava il bicchiere con quella cannuccia verde fosforescente piantata in mezzo ai cubetti di ghiaccio. Quel viso sottile, quella frangia nera. La conoscevo, ma non mi veniva in mente dove l’avevo già vista. Provavo quella strana sensazione che si ha quando incontri qualcuno che vedi sempre, magari perché fa la cassiera alla Coop dove fai la spesa ogni settimana, ma che quando la rivedi per strada non riesci a metterla a fuoco.

Dove mi aveva già fatto un cocktail questa barista? Pensavo. Allora prendo coraggio: «Scusa, ci conosciamo?» Le faccio. «Sono Francesca, non mi hai riconosciuta?» risponde. No, non l’avevo riconosciuta. Non ero nemmeno vicino alla soluzione. «Francesca? Ma che ci fai qui?» mi venne spontaneo dire. Francesca era l’inviata di un quotidiano che incontravo sempre alle conferenze stampa. Spesso ci confrontavamo su articoli o retroscena. Era da un po’ che non la vedevo. «Ho mollato il giornale, erano indietro di tre mesi con lo stipendio e non riuscivo più a pagare all’affitto. Ora lavoro qui come barista, guadagno di più e se ti devo dire la verità mi dà anche più soddisfazione».

Tornando a casa dopo un altro paio di cocktail mi sono messo a pensare a Francesca. Era una giornalista che stimavo molto, che aveva fiuto per le notizie e talento nello scrivere. Non avrei mai più letto un suo articolo. Mi venne un po’ nostalgia.

Mentre pensavo a Francesca mi è venuta in mente Daniela. Lei lavorava per una agenzia stampa, aveva saputo trovare eclatanti scoop facendo imbarazzare giornalisti di lunga esperienza, che quelle notizie non le avevano sapute trovare, o non avevano avuto il coraggio di raccontarle. Prendeva 500 euro al mese e copriva per l’agenzia tre città. Anche Daniela ha mollato, si è trasferita. Non so che lavoro faccia oggi, ma sicuramente non più la giornalista. Le era venuta la nausea di quel mondo.

Pensando a Daniela mi è venuto in mente Peppe, il miglior video reporter che ho conosciuto, uno che andava a fare le riprese di sua spontanea iniziativa in mezzo ai campi profughi e aveva fatto tremare diverse personalità con interviste pungenti. Dopo un anno che lavorava per una tv locale ha scoperto che il contratto che aveva firmato non era nemmeno stato depositato all’ufficio del lavoro e stava lavorando in nero senza saperlo. Peppe oggi fa il rappresentante di carta igienica. Guadagna bene e ogni tanto, quando usciamo a prenderci una birra assieme, fa anche credere che non sia poi così male, che in fondo c’è gente interessante tra quelli che comprano stock di carta igienica per gli alberghi di lusso. Anche se so che in fondo è amareggiato per aver dovuto rinunciare al suo sogno e dice così solo per non rovinare il clima della serata.

Pensando a Peppe mi è venuto in mente Luca, giornalista professionista che nonostante la scuola di giornalismo, nonostante un tirocinio all’Ansa a Washington, nonostante uno stile di scrittura arguto e brillante non ha trovato spazio in nessuna testata. Luca lavora come precario per un ente di credito. Pochi giorni fa gli è arrivata una lettera in carta intestata dall’ordine dei giornalisti. All’inizio deve aver pensato a una buona notizia, magari una segnalazione. Era una procedura disciplinare. Era in ritardo con il pagamento del cedolino di rinnovo di iscrizione all’albo. Oltre al danno la beffa.

Pensando a Luca mi sono venuto in mente io. Allora sono tornato indietro al pub da Francesca ed ho ordinato un altro moscow mule. Prima di berlo però ho guardato bene come lo preparava… non si sa mai, potrebbe sempre tornare utile saper fare un buon moscow mule.

La Repubblica tradita

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