Le agenzie di rating ritornano all’attacco della Francia. Ma a Parigi il Governo non è assolutamente disposto ad accettare il nuovo declassamento con imbarazzo o con rassegnazione. Standard & Poor’s ha deciso di portare il rating sul debito sovrano francese da AA+ ad AA, una notizia che sta avendo, giovedì 8 novembre, riflessi negativi sia sulla Borsa di Parigi che sui tassi decennali dei bond francesi. Ma il ministro dell’Economia, Pierre Moscovici, ha aperto una carrellata di attacchi da parte di numerosi politici a S&P liquidando come “giudizi critici e inesatti” quelli contenuti nel nuovo rapporto dell’agenzia americana.

Standard era stata la prima agenzia di rating a togliere a Parigi la tripla A nel gennaio 2012, seguita poi da Moody’s e Fitch. Ora il rating scende alla doppia A, con prospettiva stabile. Significa che S&P non ha intenzione di ritornare a breve sul suo giudizio e tagliare ancora. Siamo in poche parole lontani dalla tripla B che Standard ha ormai affibbiato all’Italia, nel luglio scorso, per di più con outlook negativo. Ma si tratta, comunque, anche per Parigi di una bocciatura abbastanza inattesa. Gli analisti puntano come al solito il dito sull’indebitamento della Francia, in particolare sul breve-medio periodo: quel dato del deficit pubblico sul Prodotto interno lordo, dove la performance francese (4,1% previsto a fine anno e 3,6% a fine 2014, anche se la stima viene costantemente aumentata) non è certo soddisfacente, neppure agli occhi della Commissione europea. E che è peggiore pure rispetto all’Italia. Standard ritiene che i margini di manovra della finanza pubblica siano ormai in Francia ridottissimi. E che François Hollande non riesca a portare avanti le riforme strutturali promesse. Questo in un contesto non entusiasmante a livello economico (la Francia crescerà a fine anno, ma solo dello 0,2%) e con una disoccupazione al 10,9%, che aumenta continuamente.

Il declassamento è stato reso noto l’8 novembre. E le reazioni da parte del Governo non si sono fatte attendere. Per Moscovici, responsabile del dicastero dell’Economia, si tratta di “giudizi critici e inesatti” e ha sottolineato il valore “delle riforme complessive che stiamo portando avanti da 18 mesi (ndr, da quando la sinistra è ritornata al potere) per risollevare l’economia, per risanare le finanze pubbliche, per accrescere la competitività. E tutto questo in un contesto congiunturale così difficile”. Moscovici ha anche ricordato altri fattori che, secondo lui, rendono più ottimisti sulla Francia, al di là della quota del deficit pubblico sul Pil, nuda e cruda, vedi “le prospettive demografiche (con un tasso di natalità ai massimi in Europa), la qualità delle infrastrutture, l’alto livello educativo e di produttività della manodopera, la quota di risparmio elevata nel settore privato”.

Anche il premier Jean-Marc Ayrault ha rigettato subito il declassamento, sottolineando che “non prende in considerazione tutte le riforme che stiamo portando avanti”. Altri politici socialisti hanno criticato aspramente i giudizi di S&P e le richieste di più austerità da parte degli analisti. “Che cosa vogliono ? Che andiamo ancora più lontano? Sì, noi vogliamo andare più lontano sulla strada delle riforme – ha sottolineato Bruno Le Roux, capogruppo del Ps all’Assemblea nazionale -, ma senza comprimere maggiormente il potere d’acquisto dei francesi. Riformiamo a un ritmo compatibile con quello che possiamo chiedere ai nostri concittadini”.

Le reazioni dei mercati sono state negative. Ma, a dire il vero, non è stata neppure una debacle, quella che ci sarebbe stata in altri tempi per una decisione del genere. Il Cac 40, l’indice dei titoli guida alla Borsa di Parigi, perde intorno alle 10 lo 0,8%. Il tasso sugli Oat (i titoli di Stato francesi) su dieci anni oscilla intorno al 2,389%, in aumento rispetto al 2,158 della chiusura di ieri sera. Comunque, siamo ancora a livelli accettabili, lontani dalla soglia del 4%, sulla quale navigano i Btp decennali italiani. Lo spread fra gli Oat e i Bund tedeschi è saltato subito sopra la soglia dei 50 punti base. Ma anche qui siamo su altri livelli rispetto ai valori propri all’Italia e agli altri Paesi del Sud Europa.

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