Luca Carboni celebra trent’anni di carriera. Lo fa con Fisico & Politico, un album composto da tre inediti e nove grandi canzoni del suo repertorio reinterpretate da importanti artisti della musica italiana. In attesa di vederlo sul palco – la prima al Paladozza di Bologna il 20 dicembre – abbiamo parlato con lui di musica e non solo.

Nove classici del suo repertorio sono stati scelti e interpretati da grandi artisti della musica italiana, c’è stata qualche sorpresa nelle loro scelte?
Lo sono state tutte, tranne quella di Lorenzo. Con Jovanotti c’è un’amicizia quotidiana che va avanti dal ’92, immaginavo scegliesse un brano legato proprio a quell’incontro; l’anno in cui facemmo il tour insieme. Quell’anno io avevo pubblicato Ci vuole un fisico bestiale, quindi mi aspettavo che Lorenzo scegliesse quella. Con gli altri artisti coinvolti nel progetto non avevo mai parlato di quale mio pezzo fosse per loro particolarmente importante. Mi ha stupito la determinazione di Tiziano Ferro nella scelta di Persone silenziose, quella di Battiato per Silvia lo sai e quella di Samuele Bersani per Gli autobus di notte. Questa loro determinazione mi ha spinto a lasciare che questo disco fosse frutto delle loro scelte.

È sempre stato autore di testi e musiche, ma in questo ultimo lavoro lei è anche interprete di un inedito composto da Ligabue…
Avere Luciano come autore e non come voce è un’occasione che ho colto al volo. In un disco come questo, filosoficamente aperto, mi piaceva l’idea di fare una cosa che non faccio praticamente mai: interpretare un brano di un altro cantautore – Ligabue lo considero prima cantautore, poi personaggio rock. Per me rimane fondamentale scrivere le mie canzoni.

Nel brano Fisico & Politico duetta con Fabri Fibra. E’ stato complicato far convivere il rap con il suo modo di fare musica?
No, assolutamente. Questo brano è nato in modo particolare, non è una canzone legata a un percorso lineare. Mentre la scrivevo ho subito pensato che poteva contenere il rap nella strofa. L’istintiva adesione di Fabri è stata una piacevole sorpresa perché è stato il primo a cui ho pensato. Le mie esperienze col rap risalgono a molti anni fa quando in Vedo risorgere il sole – all’interno di Diario Carboni – avevo duettato con Jovanotti. In quel periodo Lorenzo faceva più rap che canzoni nel senso classico del termine e avevo davvero apprezzato il suo album Una tribù che balla. Dal vivo avevamo già sperimentato l’incrocio tra il rap e le mie canzoni. Chiaro che, in quel caso, si parlava di brani già editi e mischiavamo canzoni per affinità di tematiche trattate.

L’album è stato realizzato tra Milano e Los Angeles. E’ necessario andare così lontano per fare buona musica?
Non in termini assoluti. Uno può anche fare un bellissimo album con musicisti italiani e registrato in Italia. É però vero che in Italia, causa la crisi discografica degli ultimi anni, gli studi di qualità stanno diminuendo. In questo mio caso specifico la geografia è anche frutto di una coincidenza: Michele Canova il proprietario degli studi di Milano dove ho registrato, forse uno tra i migliori d’Italia, parallelamente ha aperto uno studio a Los Angeles. Così è venuto naturale contattare e lavorare con musicisti americani. Era un’esperienza che non avevo mai fatto e mi interessava viverla. 

“C’entra Bologna o poteva succedere in qualunque altro posto?”, è la domanda che si è posto per l’uscita di Fisico & Politico. Qual è la risposta?
La vita è un mistero. Detto questo, la dimensione culturale e sociale, oserei dire il dialetto stesso, della città in cui sono cresciuto sono state sicuramente fondamentali. Quando fondai la mia prima band, a quattordici anni, Bologna era già una città piena di gruppi e stava vivendo un periodo politico, sociale e artistico molto particolare. L’università ha catalizzato giovani da ogni parte d’Italia, questo mi ha permesso, crescendo, di entrare in contatto con realtà diverse dalla mia; esperienze nuove, racconti diversi che si intrecciavano tutti sotto le Due Torri. Bologna mi ha poi permesso di conoscere gli Stadio e di entrare in studio con loro. Sicuramente questa città mi ha influenzato fino al midollo. Certo, non saprei dire se nascendo in un altro luogo – ma non sarei stato io – le cose sarebbero andate allo stesso modo.

Non è mai stato al Festival di Sanremo, pensa sia arrivato il momento?
Sinceramente non ci sto pensando. Pur non essendo interamente di inediti questo album è un’esperienza nuova e ora concentra la mia attenzione. Tengo molto ai tre brani nuovi, sono uno sguardo al futuro della mia musica. In questo album non celebro unicamente la mia carriera. Finita l’esperienza di divulgare e portare dal vivo questi trent’anni di musica mi piacerebbe concentrarmi sulla scrittura di un nuovo album. Nuovo album che farà esperienza del dualismo sonoro sperimentato nel brano Fisico & politico (anche se la “controparte” non sarà necessariamente rap). Comunque, questo Sanremo mi pare troppo vicino.

Cosa sta ascoltando in questo periodo?
Sto ascoltando diversi dischi di musica italiana usciti da poco, per capire cosa sta succedendo musicalmente in Italia . Sto ascoltando, e mi è piaciuto, l’ultimo album di Samuele Bersani. Naturalmente continuo poi ad ascoltare brani senza tempo, da Dylan ai Clash.

C’è qualche ricordo, magari divertente, legato a Dalla che ha voglia di raccontare?
In questo momento mi viene in mente un ricordo simpatico, si parla di circa di trent’anni fa: avevamo comprato tutti e due un mitico Ducati Scrambler 350 cc; lui ha dovuto far segare gli ammortizzatori perché non toccava a terra! Quando li parcheggiavamo vicini ce n’era uno più alto e uno più basso. Mi faceva molto ridere.

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