Mentre in Italia si getta acqua sul fuoco sul Datagate e si garantisce la sicurezza (passata, presente e futura) delle telecomunicazioni nazionali, si fa largo un’altra preoccupante vicenda, che potrebbe cambiare (e non è detto in meglio) Internet. Nei mesi scorsi, infatti, Telecom Italia  – il principale operatore italiano con il 50 per cento dell’utenza residenziale  – ha chiuso le interconnessioni con i provider nazionali, mettendo, unilateralmente, la parola fine al peering aperto e gratuito nei confronti di una sessantina di operatori “minori”. Ma cos’è il peering ? E perché è importante? Il peering è l’interscambio, l’interconnessione Internet tra i provider che si realizza nei Nap (Network Access Point di natura neutrale), presenti sul territorio nazionale.

In Italia ne abbiamo sette. Connaturale alla strutturale caratteristica di globalità della Rete, il peering è necessario affinché gli utenti raggiungano altri utenti e possano fruire di ulteriori contenuti che spesso si trovano su reti diverse, magari dislocate in aree geografiche poste a grande distanza. Se la prima dimensione dell’infrastruttura Internet è rappresentata dalle cosiddette reti backbone o dorsali, il peering (o data peering) è la seconda dimensione dell’infrastruttura della Rete. Ma cosa significa tutto ciò?

Intanto mentre i provider maggiori continueranno a usufruire del peering aperto e gratuito, quelli medi e piccoli, soggetti a depeering, dovranno corrispondere un canone per poter continuare a fare il loro lavoro. In conseguenza della decisione di Telecom, il traffico dati di diversi milioni di cittadini viene attualmente dirottato su nodi di interconnessione e su provider esteri, anche nei casi di navigazione su pagine web italiane, comprese quelle della Pubblica amministrazione. Una volta varcati i confini nazionali, in maniera per giunta sistematica, i nostri dati sono ovviamente “coperti” da altre giurisdizioni. Due, poi, le inevitabili, opposte conseguenze per gli utenti. Se i provider decideranno di pagare  il canone, i maggiori costi verranno scaricati sull’utente finale. Se, invece, i provider decideranno di non pagare, la rete subirà  rallentamenti.

Evidente, poi, la considerazione che maggiore è il numero dei provider disponibili, minore è il rischio di vulnerabilità per i singoli punti e per l’intera rete. C’è, infine, un’ulteriore questione di enorme impatto culturale. Così facendo, viene stravolto il modello di rete così come lo abbiamo conosciuto sino ad oggi, con il pericolo che a farne le spese sia la neutralità della rete. Tanto l’indipendenza che l’efficienza della rete costituiscono un bene comune da valorizzare, tutelare, accrescere anche alla luce del fatto che l’Italia è all’ultimo posto in Europa per l’infrastruttura Nga (banda larga di nuova generazione) e che il 30 per cento della popolazione italiana non ha ancora mai utilizzato internet.

“Telecom faceva il peering dal 1996 per effetto di una decisione dell’Antitrust che lo imponeva quale condizione per autorizzare l’acquisizione di video on line, in considerazione della posizione dominante di Telecom che ne sarebbe conseguita”, osserva Renato Brunetti, presidente dell’Associazione italiana Internet Provider (Aiip), che si sta battendo contro la decisione Telecom. “Negli anni – aggiunge ­- la posizione dominante di Telecom si è addirittura rafforzata e riteniamo perciò che l’attuale comportamento sia illegittimo. Il rischio – conclude Brunetti – è che la rete tenda a ‘collassarsi’ in Telecom, che finirebbe per controllare l’intera rete e i servizi Ip in Italia”.

Gli fa eco Marco Fiorentino, vice presidente Aiip, il quale afferma: “Il Governo italiano punta giustamente, con l’Agenda Digitale, all’innovazione e alla crescita del Paese, ma scelte come questa di Telecom vanno in direzione opposta, pensiamo che l’Agcom e l’Antistrust debbano intervenire al più presto”. La vicenda assume connotati ancora più sorprendenti, ove si tenga conto che di recente l’Antitrust europeo, in collaborazione con le Authority nazionali, ha aperto un’ispezione sulla pratica di depeering messa in atto da Deutsche Telecom, Orange e Telefonica. Anche se ancora in via preliminare ed ipotetica, la Commissione europea ritiene di poter ravvisare l’abuso di posizione dominante da parte dei colossi Telcom messi sotto la lente d’ingrandimento, prospettando la violazione dell‘articolo 102 del Tfeu (Treaty on the Functioning of the European Union).

Per Telecom Italia, invece, la decisione di tagliare le interconnessioni con i provider nazionali è diretta a offrire ai clienti servizi e contenuti a qualità garantita, modernizzando la rete e ‘pulendola’ da una miriade di connessioni colabrodo. Commentando l’iniziativa Antitrust, la stessa Commissione europea, osserva: “La connettività internet consente agli operatori di mercato (per esempio i content provider) di connettersi alla rete in modo da poter fornire i loro servizi o prodotti al dettaglio. Questo servizio è cruciale per il funzionamento di internet e per la capacità degli utenti finali di accedere a contenuti online con la necessaria qualità di servizio, indipendentemente dal luogo del fornitore”. Infine, rilevando come l’Europa sia sempre più hub mondiale del traffico internet per la per la vicinanza con l’Africa e l’Oriente e per i bassi prezzi di transito, un recente studio della società di ricerca Telegeography, dimostra come il depeering non sia conveniente neppure dal punto di vista economico. L’Italia deve dire addio anche al sistema pubblico degli Access Point?

Non c’è forse il rischio di creare un web di serie A ed una di serie B, in un’epoca in cui, specie in Italia, la rete e l’approccio alla rete non è ancora complessivamente maturo?

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