Vittima di violenza, quindi io valgo.
Questo è il frame costante che incita alla definizione di uno status che mi accredita nella società non per le mie competenze, perché sono brava a fare qualcosa, ma perché ho subito violenza.

Non c’è modo di parlarne senza rischiare di urtare la sensibilità di qualcuna. In special modo quelle le cui ferite vengono coccolate con retoriche che parlano di cicatrici “dell’anima”, spleen post-traumatico che ti renderebbe ebete a vita, posa e sguardo muniti di aureola perché sei prossima alla canonizzazione.

Sono una di voi. Una sopravvissuta. L’ho detto e ciao. Finisce lì. E sono arrabbiata. Molto.

Perché la mia personale elaborazione non si presta alle sfilate di donne con lividi facciali utili a produrre consenso per partiti e governi. Perché non mi lascio strumentalizzare, non voglio essere rappresentata da nessuno perché ho una voce per dire quello che voglio.

Leggo sul blog di Loredana Lipperini di un premio che ha a che fare con una specie di sagra dei tartufi, e c’è una giuria che sceglie di attribuire un tartufo d’oro a personalità pubbliche, showgirl, protagonisti di reality show. Quest’anno hanno premiato anche Lucia Annibali, sopravvissuta a una terribile aggressione, sfigurata dall’acido e coraggiosamente intenta a rimettere in sesto la propria vita. Lei è contenta di ricevere il premio, io sono felice che lei ne sia felice. Lucia ha tutta la mia solidarietà e spero tuttavia capisca perché mi riesce molto difficile sospendere il giudizio e chiuderla lì.

Il premio è stato assegnato dall’amministrazione comunale di Sant’Angelo in Vado (Pesaro Urbino) e dalla commissione Pari opportunità delle Marche. La stessa che ha fortemente difeso la statua “Violata”, installata con l’intento di rappresentare una figura di donna vittima di stupro (con borsetta). Sulla suddetta statua sono piovute, inascoltate, critiche da ogni parte. Infine quest’ultima iniziativa che a me dimostra come la questione della violenza sulle donne sia trattata in quel contesto senza una particolare cognizione del fenomeno.

Il premio viene consegnato su decisione di chi? C’era una giuria? Chiedo: la scelta è stata tra quali soggetti? Chi era in gara? Costole fratturate, polmone perforato, lividi semplici o complessi? Di quali elementi si teneva conto per attribuire il premio?

Il punto vero è che le donne vittime di violenza sono oggetti, prima di chi le ha aggredite, offese, e dopo anche di chi mercifica la loro condizione per farne simboli, feticci, casi umani in un contesto che, certamente in buona fede, invece che restituire loro il valore per quel che significa essere considerate persone, le imprigiona in uno stereotipo sessista: quello della donna/vittima, soggetto debole, da tutelare.

“Violenza sulle donne” è diventato un brand. Buono per vendere abiti da sposa, capi di intimo, nuovi partiti. Ne parla perfino chi normalmente si occupa di alieni e scenari paranormali. E’ un argomento che fa audience. Procura consensi. Legittima partiti e governi, salvo poi scoprire che fanno leggi che non vi serviranno a nulla e che anzi peggioreranno la situazione collettiva.

Il mio appello si rivolge dunque alle vittime di violenza. Non vi lasciate usare. O se scegliete di farlo, fatevi pagare moltissimo. Perché chi vi usa non sempre apprezza anche il vostro apporto critico e non è detto abbia realmente a cuore la vostra opinione.

Potete immaginare prezzi buoni per ogni occasione.

Tariffe consigliate (più rimborsi spese):

– Citazione in sede parlamentare, amministrativa = 200 euro.

– Partecipazione a convegno pre-elettorale a supporto di programma del partito tal dei tali = 500 euro. In questo caso vi suggerisco di firmare un accordo in cui non siete vincolate all’esclusività. Se vi vogliono come testimonial in esclusiva chiedete intorno ai 1000 euro a presenza fissa.

– Partecipazione a trasmissione televisiva per raccontare il vostro trauma e dare uno spunto di discussione a chi vive di commenti ai fatti di cronaca che parlano di voi = 3000 euro. Il cachet può aumentare se migliorerà la vostra abilità oratoria e sulla base del vostro livello di popolarità.

Sarebbe ottimo affidarvi a un agente che saprà consigliarvi sulla maniera in cui la donna/vittima può offrirsi al grande pubblico. Se vi viene in mente altro ditemi. Io, nel frattempo, vado a cambiare la mia qualifica al centro per l’impiego.

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