La Lombardia la secessione l’ha già fatta. Una piccola secessione sanitaria non dichiarata: sul metodo Stamina, che è già stato bocciato dal ministero della Salute, dopo le verifiche del comitato scientifico che ha espresso all’unanimità, il 29 agosto, parere negativo sulla terapia cellulare promossa dal professor Davide Vannoni. La Lombardia s’impegna a riaprire la partita: il 22 ottobre, infatti, il Consiglio regionale lombardo ha discusso e approvato a maggioranza una mozione favorevole al metodo Stamina.

Si è opposto, in aula, il coordinatore del centrosinistra, Umberto Ambrosoli, che, di fronte al centrodestra che tifava per riaprire i giochi su una sperimentazione già bocciata dal ministero, ha spiegato: la politica non può e non deve sostituirsi ai tecnici e agli scienziati, su questi temi non ha senso dividersi tra destra e sinistra. Siano i medici e gli scienziati a decidere se la cura funziona o è solo una compassionevole illusione. “L’Aifa, il Centro nazionale trapianti e il ministero della Salute vanno tutti in un’unica, chiara direzione”, ha preso atto Ambrosoli. “Un’assemblea regionale non può dunque smentirla, rappresentando che sia consentito eseguire cure e trattamenti in assenza di qualsivoglia fondamento scientifico. Il diritto alla salute non può essere esercitato nell’arbitrio e disconoscendo le risultanze delle analisi e delle valutazioni fatte dagli enti preposti”

Niente da fare. Il centrodestra (Pdl, Lega, Fratelli d’Italia e Partito dei pensionati) ha imposto compatto la sua mozione, mentre il Movimento 5 Stelle ha lasciato libertà di coscienza e Pd e Patto civico (lista Ambrosoli) non hanno partecipato al voto. Così ora la giunta regionale lombarda di Roberto Maroni sarà impegnata su tre punti: “Ad attivarsi presso il governo per individuare soluzioni che tutelino i medici, dopo le ordinanze delle autorità giudiziarie che hanno stabilito il proseguimento dei trattamenti in corso, nonostante lo stop del ministero della Salute alla sperimentazione”; a chiedere “al ministero di rendere pubblica la documentazione della commissione che ha valutato e bocciato la sperimentazione”; e a individuare “modalità aggiuntive per permettere di adempiere alle disposizioni normative in tempi compatibili con le esigenze dei pazienti”. Gli Spedali civili di Brescia, dove si sperimentava il metodo Vannoni, sono già stati sanzionati nel 2012 per gravi irregolarità dopo alcune ispezioni dei carabinieri dei Nas, dell’Aifa (l’agenzia per il farmaco) e della Regione Lombardia.

Ma Ambrosoli ha ragione: non può essere la politica a decidere a maggioranza su questioni come questa, in cui è in gioco la salute dei cittadini. È comprensibile che i malati e i loro parenti s’aggrappino a ogni filo di speranza, ma compito delle istituzioni è quello di decidere per la sicurezza di tutti secondo regole che valgano per tutti. In Lombardia, invece, la partita si riapre, aggiungendo, come ha detto in aula Ambrosoli, “un ulteriore mattone al muro della confusione che caratterizza tutta la vicenda, muro contro cui si infrangono le disperate aspettative di chi è più debole e proprio per questo bisognoso di tutela, non di false speranze”. Alla scelta del centrodestra lombardo non è estranea la spinta di un autorevole esponente della nomenklatura regionale che è in cura proprio con il metodo Stamina. È Luca Merlino, direttore vicario della Sanità regionale lombarda.

da Il Fatto Quotidiano, 31 ottobre 2013

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