“Il sospetto non è inventato”. Fabio Anselmo era intercettato. Da chi non è dato sapere. Ma l’avvocato penalista ferrarese, che segue e ha seguito casi scottanti come Aldrovandi, Niagara, Cucchi e Uva, era sottoposto probabilmente a intercettazioni abusive. Lo conferma il tribunale di Ferrara nelle motivazioni all’archiviazione delle accuse di calunnia nei suoi confronti. Accuse che vedevano come parti offese Sergio Amatiello e Vito Tufariello, i due carabinieri del Noe di Bologna che si sentirono chiamati in causa dai sospetti di Anselmo.

Il caso scoppia nell’agosto 2010, quando Anselmo denuncia pubblicamente i timori che qualcuno interferisca nelle sue telefonate private e in quelle del suo studio legale, in viale Cavour, a Ferrara. Timori che si concretizzano nel novembre successivo, quando la polizia giudiziaria, con due tecnici nominati uno da Telecom e uno dallo stesso avvocato, trova “segni di effrazione e manomissioni”. L’ipotesi degli inquirenti parla di “arbitrari interventi di ignoti” che fanno pensare a “una tangibile attività di intercettazione illegale delle comunicazioni”.

Il legale confida quei timori all’allora capo procuratore Rosario Minna, per sottolineare l’importanza che il fascicolo d’indagine che lo riguarda venga assegnato quanto prima a un magistrato inquirente. Ma la risposta non lo tranquillizza. Il procuratore, secondo la denuncia che Anselmo presenta poi il 22 settembre, fa riferimento a “un gruppo di persone” che avrebbero preso di mira l’avvocato per “il ruolo politico” da lui assunto:  ”Caro avvocato, lei ormai ha assunto un ruolo politico. Quando ad avercela con lei sono un gruppo di persone, stia sicuro, le spezzeranno le gambe”. “Non sono in grado di dire esattamente a cosa si riferisse Minna – spiega Anselmo – ma il caso che sto seguendo come avvocato di parte civile per la ditta Niagara è molto spinoso”. 

Il caso Niagara era proprio quello che vedeva imputati, ora condannati in primo grado a due anni, i due carabinieri del Noe Amatiello e Tufariello. A quelle dichiarazioni seguì il procedimento penale a carico di Anselmo per calunnia. Per il quale il pm chiede l’archiviazione e che il gip Monica Bighetti, dopo l’opposizione delle parti offese, conferma.

Nella relativa ordinanza il giudice definisce “ininfluenti le prove proposte dalle opposizioni perché il fatto è ben delineato”: l’esposto di Anselmo relativo al sospetto di essere abusivamente intercettato è “basato su una rappresentazione dei fatti – disturbi sulla linea, segnalazioni di colleghi dello studio legale, manomissione di un armadietto – che non sono stati posti in dubbio da alcuno nella loro verità”. Il sospetto, di conseguenza, “non è inventato”. D’altronde nella sua denuncia Anselmo “non avanza sospetti su alcuno e in tutte le fasi successive vengono rappresentati mere ipotesi in merito al collegamento tra il fatto denunciato e la sua attività professionale di avvocato: di qui l’indicazione del processo Noe-Niagara, insieme ad altri tra cui i processi Cucchi a Aldrovandi, processi tutti molto delicati e coinvolgenti esponenti delle forze dell’ordine”.

Ne consegue che “da questo versante non è possibile argomentare in ordine al dolo del delitto di calunnia, nel senso che a reato inventato corrisponde, ovviamente, autore inventato”. Allo stesso modo, “il fatto che il procedimento per interferenze illecite sia stato archiviato non significa che l’esposto fosse inventato”.

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