“Tocca ferro”, dicevano una volta in modo scaramantico per ingraziarsi la dea fortuna. Ed è proprio il caso di farlo, perché i segnali di una forte ripresa economica, qui in Texas, sono evidenti, ma… non si sa mai. L’economia qui ha ripreso bene, ma tutt’intorno non si può dire la stessa cosa. Sia per quanto riguarda gli Stati Uniti che per il resto del mondo, quelli che possono dire la stessa cosa sono davvero pochi.

Intanto bisogna dire però che, a differenza di altri Stati della Federazione Usa, il Texas era gà quello, o uno di quelli, che avevano subito di meno il colpo della crisi partita nel 2007, infatti il prezzo delle case in Texas, durante la crisi, subì mediamente una decrescita del solo 2,5%, contro circa il 20% della media nazionale. Quindi il recupero è stato più facile perchè c’era meno da recuperare, ma adesso questo comparto non solo si è risvegliato, ma si è proprio messo a correre! Le case a Dallas e Houston, le due maggiori citta del Texas, si vendono oggi mediamente in tre mesi, contro i circa 5 mesi della media nazionale. La comparazione tra l’indice finanziario settoriale “S&P/Case-Shiller” delle 20 maggiori città Usa (il più rappresentativo per questo comparto del settore immobiliare) e lo stesso indice riferito al solo Texas, evidenzia una differenza del 25%. Ovvero dice che l’indice delle 20 città è ancora del 21% più basso del livello massimo raggiunto nel 2006, mentre quello del Texas ha già superato del 4% quel livello (fonte: Federal Housing Finance Agency).

In Texas però la crescita economica è di fatto la norma (negli ultimi vent’anni, almeno). L’eccezione sono gli anni di quasi crisi tra il 2009 e il 2012, quando è stata la crisi generale a trascinare in basso anche il Texas. E d’altronde non poteva che essere così in uno Stato che, da solo, ha una estensione territoriale grande quasi 4 volte quella dell’Italia e che, nella seconda metà del secolo scorso, ha scoperto di avere notevoli quantità di petrolio nel suo sottosuolo, facendo di colpo diventare straricchi parecchi semplici “rancheros” dediti all’allevamento del bestiame.

Negli ultimi vent’anni però cio che ha maggiormente sostenuto la crescita economica del Texas è stata la politica di incentivazione e defiscalizzazione che lo Stato Centrale e le amministrazioni periferiche facevano alle imprese che trasferivano in Texas le loro unità produttive o le loro sedi centrali.

Quella di offrire alle maggiori imprese del nord incentivi a trasferirsi in Texas è la principale occupazione del governatore del Texas. Lui contatta per esempio una impresa dello Stato del New Jersey che occupa qualche migliaio di dipendenti, e offre una localizzazione in una ampia area già urbanizzata ad un costo praticamente irrisorio rispetto a quello del New Jersey. Ciò è possibile perché il Texas ha ancora vastissime aree vicino alle grandi città che possono essere urbanizzate in tempi molto rapidi, essendo attualmente terreni incolti, al più adibiti al pascolo del bestiame.

Il governatore, o l’amministratore locale, offrono perciò una localizzazione ampia e ben dotata di tutti servizi necessari ad una impresa (grandi strade, luce, acqua, ecc., meno i traporti pubblici, che qui in Texas sono quasi inesistenti) in più offrono dei sostanziosi incentivi fiscali per qualche anno di durata.  

L’impresa che si trasferisce, per qualche anno paga tasse ridotte, ma si porta dietro migliaia di lavoratori che, appena arrivati cercano casa e spendono tutto o buona parte del loro stipendio nelle attività commerciali della zona. Questo richiama negozi, ristoranti ecc.ecc. I dipendenti, che pagano le tasse locali sulla casa, sui consumi, per la scuola, ecc., e i commercianti, le tasse locali le pagano, e l’economia cresce.

Allen, la città dove mi sono trasferito io 14 anni fa (un sobborgo di Dallas) contava al massimo 10.000 abitanti nel 1999, adesso e’ vicina a raggiungere i 100.000 abitanti.

(Per inciso: in Italia, col tetto al debito, con il “Patto di Stabilita” e tutti gli altri vincoli che “ce li chiede l’Europa”, tutto questo è impossibile da fare nemmeno se avessimo i più bravi e svegli amministratori d’Europa).

A tutto questo si aggiunge ora in Texas la scoperta di nuovi grandi giacimenti di “shale gas”, cioe’ di petrolio mischiato, nel sottosuolo, a terriccio e roccia, che ora con nuove tecniche di estrazione (il cosiddetto “fracking”, cioè la frammentazione e il lavaggio del combustibile) hanno attirato molti investimenti e generato ulteriore sviluppo.

Fattostà che persino gli esperti “sviluppatori” texani, andati in “letargo” durante la crisi, sono ora stati sorpresi dal brusco risveglio del mercato immobiliare e non riescono a star dietro alla improvvisa impennata delle richieste. Anche perché il numero delle imprese edili e delle imprese collegate ha subito una sensibile riduzione durante i 4 anni di crisi.

Ora ci vorrà qualche tempo prima di ricostituire pieno equilibrio tra domanda e offerta. Ma in fondo, questo e’ proprio l’esatto tipo di problema che, dopo cinque anni di durissima crisi, tutti vorrebbero avere.

 

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