Avrà perso anche molti chili (non lo si vedeva così in forma da anni), ma il Diego Armando Maradona che è stato intervistato da Fabio Fazio a ‘Che tempo che fa’ non ha sicuramente perso la voglia di parlare e di raccontarsi. Un dialogo lungo, quello tra il conduttore e il ‘Pibe de oro’, e non sempre avvincente. Ma comunque un lungo excursus in una vita vissuta pericolosamente e pagandone le conseguenze in prima persona.

Lo introduce, tanto per cambiare, l’amico di sempre Gianni Minà, che lancia l’uscita di 11 dvd sulla vita di Diego in edicola con la Gazzetta dello Sport. Fabio Fazio sfoggia tutto il suo campionario di cortese ospitalità e per una volta sembra emozionato davvero. Lui, Diego, indossa una giacca con una enorme croce di paillettes sulla schiena, e per l’intervista sceglie un approccio spavaldo, una consapevolezza di essere stato un fenomeno, nel bene e nel male, che addosso a qualsiasi altra persona risulterebbe sgradevole. Ma lui è Maradona, prendere o lasciare.

Intenso il racconto dell’infanzia poverissima e dei primi calci al pallone, già sentita più volte, invece, l’epopea del Maradona campione, dal Boca al Napoli, passando per il Barcellona e il trionfo ai mondiali di Messico 1986.

Ma l’ospite di Fazio non era solo uno dei grandi calciatori di tutti i tempi. Era anche, e per molti versi soprattutto, l’ex tossicodipendente, l’uomo irregolare al limite dell’autolesionismo e l’evasore fiscale. Quando parla di droga, Maradona lo fa con un distacco che fa ben sperare, anche se il messaggio che passa non è sempre molto educativo (“Per uscirne basta l’amore della famiglia, non servono medici e psicologi”). Ma tant’è, e Diego può fieramente annunciare di non toccare sostanze stupefacenti “da dieci anni”. 

Per quanto riguarda il contenzioso mica da ridere con il fisco italiano, una soluzione sembra ancora lontana. Lo Stato lamenta ammanchi per 39 milioni di euro di tasse non versate e solo due giorni fa Equitalia ha notificato un avviso di mora in hotel. “Non sono un evasore – dice Maradona tra spavalderia e rabbia – I contratti non li firmavo io e non ho mai rubato una lira. Io ho solo giocato a calcio per far felice la gente”. Una tesi difensiva che magari in un’aula di tribunale non reggerebbe granché, ma che Fabio Fazio sembra accettare grazie a una postilla conciliante: “Voglio andare a fondo in questa storia”. Argomento chiuso, però, solo dopo una critica (e un eloquente gesto dell’ombrello) a Equitalia che avrà fatto felice un Brunetta qualsiasi: “Pensassero a risolvere i problemi degli italiani che soffrono”, tuona l’antitasse Dieguito.

Una volta tanto non ha parlato di Cuba e di Fidel Castro, ma non è mancato un accenno a un altro suo storico amico marxista, l’ex presidente venezuelano Chavez: “Era un uomo che sapeva parlare alla gente, ma una volta mi ha tenuto otto ore ad ascoltarlo”. Frecciatina finale anche per gli Stati Uniti: “Si sentono i padroni del mondo, ma non lo sono. Non siamo tutti americani”.

Ma la voce biascicata del Diego di oggi, e il ripetere aneddoti già sentiti tante volte, sono forse il segno dell’inesorabile traccia del tempo che nemmeno Maradona ha potuto dribblare. Oggi fa l’ambasciatore dello sport a Dubai, una pensione prestigiosa che per uno come lui somiglia più a una prigione dorata. E un altro pezzetto di tristezza è arrivata quando Diego ha ammesso di non avere amici veri, di essere stato tradito troppe volte in passato e di aver perso la fiducia negli altri.

Un momento di sincerità e fatalismo che neppure la riproposizione del leggendario gol all’Inghilterra (no, non quello della mano de Dios. L’altro, quello splendido) ha cancellato. È rimasto l’amaro in bocca e forse l’intervista alla fine è risultata dannosa più che celebrativa. Perché uno come Maradona, forse, andrebbe lasciato lì, nella memoria di tutti, com’era 25 anni fa. Perché il tempo passa per tutti, anche per lui.

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