Due anni di interdizione per Silvio Berlusconi. I giudici della terza Corte d’Appello di Milano, presieduta da Arturo Soprano, hanno accolto la richiesta del procuratore generale Laura Bertolè Viale riguardo la pena accessoria del Cavaliere nell’ambito del processo Mediaset. Lo scorso 1 agosto la Corte di Cassazione, che ha confermato la condanna a quattro anni per frode fiscale, aveva rinviato il calcolo della pena accessoria ai giudici di secondo grado, che avevano stabilito cinque anni di interdizione. 

Il difensore Niccolò Ghedini si è già detto pronto a ricorrere in Cassazione (video). Un ricorso che punterà sia sul ricalcolo della pena accessoria, sia riproponendo entrambe le questioni di costituzionalità sulla legge Severino sollevate oggi in udienza. Per la difesa del Cavaliere oggi “non avrebbe dovuto trovare applicazione nessuna misura interdittiva”. Al verdetto d’appello ‘bis’ seguirà il deposito delle motivazioni, atteso entro 15 giorni. Solo dopo un eventuale nuovo verdetto della Suprema Corte, che potrebbe arrivare a fine 2013 o inizio 2014, la decisione sarà definitiva. A quel punto Berlusconi non potrà né votare né candidarsi per tutto il tempo indicato dai giudici e perderà il diritto di sedere in Parlamento. Inoltre non potrà essere tutore o curatore, svolgere pubblici uffici e ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio. 

Accusa e difesa – Il pg, nel formulare la sua richiesta, ha spiegato che, come la pena principale è stata due terzi della pena massima, così deve essere anche per la pena accessoria. L’avvocato generale e, prima di lei, il giudice relatore, hanno parlato per cinque minuti ciascuno, ricordando gli esiti del processo in tutti i gradi di giudizio, con i relativi capi d’imputazione. Poi sono intervenuti i difensori del Cavaliere, Niccolò Ghedini e Roberto Borgogno, in aula al posto del professor Franco Coppi. I legali dell’ex premier hanno chiesto di limitare l’interdizione a un anno. Nei giorni scorsi, inoltre, Ghedini ha depositato il ricorso presentato alla Corte europea dei diritti dell’uomo relativo alla decadenza dell’ex premier da senatore. La Corte di Strasburgo, però, impiegherà diversi mesi per decidere.

Partendo dall’articolo 13 del codice penale e affrontando la legge Severino, i legali di Berlusconi hanno sollevato un’eccezione di incostituzionalità. Inoltre la difesa ritiene che bisognerebbe attendere la risposta del ricorso presentato alla Corte europea prima di decidere sull’interdizione. Sul calcolo, hanno spiegato, non può non influire il contenzioso con l’Agenzia delle Entrate risolto da Berlusconi quando non era più ai vertici di Mediaset, e la fedina penale dell’ex premier che di fatto non può che portare alla richiesta, per gli avvocati del Cavaliere, di “pena minima”, ossia un anno di interdizione. 

Le reazioni – La decisione dei giudici, però, non scalfisce il centrodestra. A dirlo è il segretario Angelino Alfano: “Ho sentito al telefono Berlusconi – ha dichiarato – Il nostro leader è forte e determinato come sempre. Siamo tutti con lui, impegnati, oggi più che mai nella ricostruzione di un centrodestra, moderno, competitivo. Il nostro progetto va avanti e non sarà toccato da una sentenza che non priverà un leader del suo popolo e quel popolo del proprio leader”.

Sul fronte Pdl sono in tanti ad attaccare il verdetto dei giudici. Il primo a intervenire è Fabrizio Cicchitto. “La Procura – ha detto – ha chiesto due anni e il collegio giudicante li ha dati: con Berlusconi a Milano spesso c’è la perfetta identificazione tra magistratura inquirente e magistratura giudicante il che manda a pallino lo stato di diritto”. Secondo il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello, “se la politica faceva qualcosa per aspettare la magistratura non avrebbe fatto male. La legge Severino – ha aggiunto – prevede un’interdizione a sei anni, tre volte la sentenza. Mi sembra di buon senso trovare un luogo dove fare una riflessione sulla congruità, sulla sua costituzionalità”. 

Daniele Capezzone, presidente della commissione Finanze della Camera e coordinatore dei dipartimenti del Pdl, invita chi ama la democrazia a sostenere Berlusconi vista “l’idea di escludere per via giudiziaria un leader scelto da milioni di italiani”. E anche il presidente dei senatori del Pdl, Renato Schifani, si scaglia contro i giudici che, “quando si tratta di Berlusconi” lavorano “anche il sabato” e “le sentenze arrivano rapidamente”. Inoltre, prosegue, “si accolgono in toto le richieste dell’accusa e non si tengono in alcun conto le giuste eccezioni di costituzionalità e la chiusura del contenzioso fiscale. E’ l’ennesimo tassello di un mosaico che ha lo scopo, destinato al fallimento, di eliminare il leader di dieci milioni di italiani dalla scena politica”.

Per il capogruppo alla Camera Renato Brunetta è “solo il senso di responsabilità del presidente Berlusconi e di tutto il Pdl può sopportare questo ennesimo schiaffo alla democrazia e al buon senso. Sappiano i giudici che potranno anche decidere sull’interdizione di un politico, ma non potranno mai mettere a tacere la leadership di colui che continua e continuerà a rappresentare nel Paese la maggioranza degli italiani”. Stessa posizione espressa da Mariastella Gelmini. Per il capogruppo a Montecitorio tutto è andato “come da copione. L’accusa – puntualizza – chiede una cosa e, in poco meno di due ore, la Corte milanese ratifica, come un notaio, emettendo una sentenza evidentemente già scritta”. Quella di Milano, infine, è una “sentenza discutibile” e “sbrigativa” per il senatore Altero Matteoli che, tuttavia, non incide sulla “leadership di un movimento di tanti milioni di elettori”. Maurizio Gasparri, poi, garantisce: “Non ci fermeremo e faremo di tutto per porre fine a questa evidente persecuzione” e per Raffaele Fitto è un “giorno cupo per la democrazia”.

Secondo il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, “il nostro Paese ha bisogno di tutto ma non di instabilità politica. I mercati – ha aggiunto – reagiscono subito”. Michele Vietti, vicepresidente del Csm, osserva che “i giudici servono a questo, in un Paese normale tocca al potere giudiziario applicare le regole che il potere politico scrive e farle rispettare. Le decisioni definitive – ha aggiunto – vanno rispettate, è legittimo non condividerle, ma in un Paese democratico dove c’è la separazione dei poteri, l’ultima parola spetta ai giudici”. Parole che, secondo il senatore Pdl Sandro Bondi, “denotano la sua totale incoscienza dei problemi afferenti al rapporto fra l’ordine della magistratura e la democrazia. Questa incoscienza spiega anche l’inutilità del ruolo che ricopre a capo del Consiglio Superiore della Magistratura”. 

Decadenza, il voto del Senato – Sulla decadenza del Cavaliere dovrà comunque votare l’aula del Senato. Nel frattempo, però, Berlusconi potrebbe essere già stato costretto a lasciare il suo posto a Ulisse Di Giacomo, primo dei non eletti nelle file del Pdl in Molise, collegio in cui si è candidato il Cavaliere alle scorse elezioni. Il 4 ottobre, infatti, la Giunta delle elezioni del Senato presieduta da Dario Stefàno si è dichiarata favorevole alla decadenza di Berlusconi da senatore in base alla legge Severino, che prevede l’incandidabilità per persone condannate in via definitiva a pene superiori a due anni. L’ultima decisione spetta all’aula del Senato: una data ancora non c’è, anche se si potrebbe andare a novembre, e anche per conoscere le modalità di voto bisognerà aspettare almeno fino il 29 ottobre. Da escludere modifiche al regolamento del Senato (che prevede che per questioni legate ai singoli senatori ci sia il voto segreto). A stabilirlo sono state la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama e la riunione della giunta per il Regolamento, impegnata fino al 29 ottobre, che dovrà decidere se votare sulla decadenza di Berlusconi con scrutinio palese, come vorrebbe il Pd, o segreto, come chiedono il Pdl e Scelta Civica.

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