Nessun funerale, né di Stato e nemmeno di paese, ma solo una tumulazione anonima in uno sperduto cimitero siciliano. È il triste destino delle 373 vittime della tragedia di Lampedusa, naufragate al largo dell’isola dei Conigli il 3 ottobre scorso. Eppure con i cadaveri ancora caldi e tutti gli occhi d’Europa puntati sull’isola siciliana, il presidente del Consiglio Enrico Letta aveva promesso solenni funerali di Stato per i corpi senza vita dei migranti, recuperati a ritmo continuo dai fondali marini.

“Ho visto sofferenza e dolore, una tragedia immane mai accaduta nel Mediterraneo: ci sarà funerale di Stato per le vittime”, aveva annunciato il premier visitando Lampedusa il 9 ottobre, in compagnia del suo vice Angelino Alfano e del presidente della Commissione Europea Jose Manuel Barroso. Ma appena la spia dell’emergenza ha smesso di lampeggiare, ecco partita la normalizzazione: lancio a tappe forzate dell’operazione Mare Nostrum, e inizio dell’inchiesta per immigrazione clandestina per i 155 superstiti della tragedia, che vanno a sommarsi alle oltre dodicimila persone indagate in questo momento per lo stesso reato dalla procura di Agrigento. E se i sopravvissuti sono destinati ad un processo che tra circa un anno e mezzo approderà a una multa di cinquemila euro, ai morti verrà invece negata perfino la memoria. Gli stessi morti a cui era stato promesso un funerale di Stato, adesso verranno seppelliti in ordine sparso, in maniera anonima visto che in molti casi non se ne conosce l’identità, e senza uno straccio di ultimo saluto.

“Ho casualmente appreso che si sta procedendo alla sepoltura delle salme partite da Lampedusa. Senza funerali, né di Stato né di paese”, è il lapidario tweet del sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, che ha riacceso i riflettori sulla vicenda. “Ad avvertirmi per caso dell’arrivo delle salme negli altri comuni sono stati gli stessi sindaci che avevano dato disponibilità. Letta aveva promesso funerali di Stato, ma immagino che sia una decisione che non dipende da lui – spiega il sindaco –. Se però avessi saputo che non ci sarebbe stato alcun funerale, avremmo organizzato noi un ultimo saluto per quelle bare”. Le stesse bare inquadrate a più riprese da tutte le telecamere del mondo nei giorni della tragedia, vengono in queste ore trasportate nei vari comuni siciliani che hanno dato disponibilità alla sepoltura. Ottanta feretri sono già stati seppelliti ad Agrigento, otto a Canicattì, altri otto sono in arrivo a Caltanissetta e venticinque verranno invece tumulati a Mazzarino. Gli altri sono destinati ad approdare nei cimiteri dei comuni che avanzano disponibilità. In rete ci sono già parecchi annunci di diverse città, spesso molto piccole, pronte ad accogliere “simbolicamente” anche una sola salma della tragedia.

Anche il deputato della Lega Nord Gianluca Buonanno si è detto disponibile ad accogliere i feretri delle vittime nel cimitero di Varallo, il suo comune in provincia di Novara, mentre l’emittente peloritana Am ha addirittura lanciato un appello per seppellire le salme nei cimiteri della provincia di Messina. La stessa provincia da dove, nei giorni scorsi, era arrivata la disponibilità di Marco Antonino Pettinato, sindaco del piccolo comune di Fondachelli Fantina, per accogliere la bara di Erich Priebke. E se i funerali del boia delle fosse Ardeatine ad Albano Laziale sono stati interrotti dagli scontri, le vittime della tragedia di Lampedusa continuano invece a essere seppelliti senza esequie e in maniera anonima ai quattro angoli della Sicilia. Senza risposta è rimasto l’appello di Franco Corbelli, leader del movimento Diritti Civili, che aveva lanciato l’idea di costruire un unico cimitero dove seppellire le vittime del naufragio. E visto che ne frattempo a Lampedusa continuano ad arrivare i parenti delle vittime, alla disperata ricerca dei resti dei loro cari, la prefettura di Agrigento fa sapere che “la tumulazione delle salme dei migranti non impedirà eventuali restituzioni dei corpi ai familiari che ne faranno richiesta”. Anche le bare già tumulate, senza funerale e senza uno straccio di lapide, potrebbero quindi essere disseppellite, per provare ad individuare con certezza l’identità dei defunti e quindi restituirne i resti ai familiari. Dopo un lungo viaggio verso cimiteri sconosciuti e lontanissimi dalla terra natia, la tragedia della migrazione continua ad inseguire le vittime di Lampedusa anche dopo la morte.

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