È un nuovo capitolo della lunga guerra civile tra le fiere d’Italia, il più doloroso, che ha visto ancora Bologna perdere la sua battaglia. A pochi giorni dallo stop al Motor show, che ha lasciato la città orfana dopo 37 edizioni, il salone italiano dell’auto è infatti sempre più vicino a Milano. La trattativa per una edizione nel 2014 va avanti da mesi e dalla fiera meneghina non arriva alcuna smentita, ma solo un “No comment”. A confermare i contatti per un altro expo delle quattro ruote è stata per prima la Unrae, l’associazione che raccoglie i rappresentanti delle case automobilistiche straniere in Italia. Questa ha confermato di avere incontrato Alfredo Cazzola, inventore del Motor show e patron dell’evento fino al 2006, quando ha lasciato l’organizzazione alla Gl Events. Cazzola, dopo 5 anni ormai libero da obblighi contrattuali di non concorrenza, per un suo nuovo progetto punta proprio alla città dell’Expo internazionale 2015.

Così il presidente di Bolognafiere Duccio Campagnoli, tessera Pd e per anni assessore regionale nelle giunte di Vasco Errani, non ci sta allo sgarro, vuole a tutti costi indietro l’evento e lancia frecciate verso il suo omologo milanese, Michele Perini: “Non credo che quella di un altro salone sia un’idea di Milano, che magari è solo il recettore di una proposta”, spiega al fattoquotidiano.it Campagnoli. “Tuttavia sarebbe elegante e serio che a chi fa queste proposte di nuovi saloni, Fiera Milano rispondesse in questo modo: se il Motor show si fa a Bologna, chi ha idee di questo tipo le proponga lì. Ma questo è un mondo ideale che non esiste”.

Nelle prossime ore in un consiglio d’amministrazione che si preannuncia infuocato, Campagnoli chiederà a Gl events (seconda al mondo tra gli allestitori di expo), che cosa ha intenzione di fare nei prossimi anni visto che ha un contratto per allestire il salone auto sino al 2021. In più la multinazionale francese, che siede nel cda di Bolognafiere con il 4 % delle azioni, dovrà pagare all’expo bolognese circa 2 milioni di euro, il minimo garantito di penale per l’edizione 2013 saltata. E se si dovessero rifiutare, l’ente fiera ha già annunciato una causa civile.

Nel 2008 la guerra tra le due fiere più importanti in Italia aveva avuto uno dei suoi picchi quando Federlegno aveva spostato il Saie2, un salone per le finiture d’interni nato a Bologna, a Milano, chiamandolo Made expo. Ne era scaturita una battaglia legale terminata nel 2012 con la vittoria emiliana e il risarcimento di 6 milioni di euro. Nel 2011 il Made expo, che oltre alle finiture si occupa anche di edilizia, si era addirittura svolto in contemporanea con il Saie di Bologna, strappando a quest’ultimo il titolo di salone più importante del settore. L’affronto aveva visto la manifestazione di Bologna perdere sia in termini di visitatori che di aziende partecipanti: in molti preferivano infatti la metropoli lombarda.

In quell’occasione Campagnoli attaccò duramente i colleghi lombardi: “Fiere Milano si occupi di fare l’Expo 2015 e non ci rompa le scatole: fatela finita di andare a rubacchiare le fiere degli altri”. Oggi il presidente è un po’ più diplomatico e stigmatizza piuttosto la frammentazione del settore fieristico italiano: “Se arriva qualcuno a fare una proposta – spiega Campagnoli riferendosi implicitamente all’Unrae e a Cazzola – a Milano sono costretti prenderlo in considerazione. Piuttosto chiederemo un tavolo al governo. L’esecutivo deve dire che se si fa un salone dell’auto in Italia lo si fa a Bologna. In tutti i paesi funziona così. Invece questa situazione che si sta creando è un’altra rappresentazione di confusione italiana: io ho un salone che funziona, ma lo sposto per farlo da un’altra parte. È un gioco a somma zero”.

Oltre al Motorshow e alla vicenda Saie2, alcuni anni fa altre fiere italiane hanno dovuto fare i conti con l’espansionismo di Milano che viaggia con il vento in poppa grazie all’organizzazione dell’Expo internazionale 2015. Prima Parma ha visto nascere a Milano Tuttofood, un salone perfettamente sovrapponibile al suo Cibus. Alla fine nel 2009 le due città hanno raggiunto un accordo, ma comunque la città ducale ha dovuto fare diverse concessioni alla sua omologa. Stesso discorso per Verona: nel 2004 Fiera Milano provò a lanciare una sua fiera sul vino, Miwine, in competizione con Vinitaly. Poi, più recentemente, nel capoluogo della Lombardia è partita una rassegna sui cavalli, in competizione con Fieracavalli di Verona, una manifestazione che va avanti dal 1898.

Ma se Parma e Verona hanno reagito, Bologna sembra frastornata. Sui quotidiani locali tutti i politici si stracciano le vesti nel giurare che hanno fatto e faranno di tutto per riportare il Motor show a casa, ma tra la gente c’è rassegnazione. Albergatori e ristoratori, coloro che in quella settimana di dicembre facevano affari d’oro, non sembrano affatto sorpresi: “Era almeno dal trentennale nel 2005 che le edizioni erano una peggiore dell’altra”, spiega Giovanni, portinaio e memoria storica di un grand hotel con vista sulla stazione ferroviaria. “Ormai da anni il salone era completamente ininfluente, durava pochi giorni. Una volta stava aperto due settimane e gli espositori mangiavano qui per settimane, prima e dopo”, spiega Enzo, un ristoratore del centro.

Qui nessuno si dimentica quando alla fiera non mancava neppure una casa automobilistica mondiale e quando (siamo appena nel 2005), il Motor show si conquistava il titolo di Salone internazionale dell’auto. Venivano presentate le quattro ruote in anteprima mondiale e Ayrton Senna o Michael Schumacher tagliavano il nastro. Poi nel 2009 arrivò la crisi: gli ospiti dimezzati e l’assenza di tutte le altre case automobilistiche. Sembrava la fine, ma l’agonia era solo prolungata. Dal 2010 al 2012 a spadroneggiare furono le case produttrici cinesi o rumene, e comparvero persino gli stand di auto usate. Forse a essere sorpresi che infine la morte sia arrivata sono solo i politici.

di David Marceddu e Giulia Zaccariello

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