Budget ridotto, meno anteprime mondiali e star hollywoodiane (“bisognerà chiedere alle distribuzioni chi ci sarà”, dicono gli organizzatori), e un terzetto d’italiani da Concorso che sa di azzardo: Mirko Locatelli, Guido Lombardi e Alberto Fasulo. Queste le linee guida dell’ottava edizione del Festival di Roma 2013 (8-17 novembre) per gli ultimi fuochi dell’interregno artistico di Marco Muller.

E proprio nei giorni in cui il film d’apertura dell’ultima Venezia, Gravity con Clooney e la Bullock, sta facendo il pieno ai botteghini di mezzo mondo, i film rimasti nel post Toronto e Telluride, finiscono nel mazzo di carte che Muller rimescola per l’ennesima partita festivaliera che difficilmente nel 2014 lo vedrà al timone. “Il problema anteprime mondiali non esiste – spiega a ilfattoquotidiano.it, il presidente della Fondazione cinema per Roma, Paolo Ferrari – sono esclusive che servono a certi festival, ma per il nostro non sono fondamentali”.

Travagliato il varo della nuova edizione a fronte di un budget ridotto da 11,8 milioni di euro dell’edizione 2012 a circa 10 di quest’anno – più della metà arrivano da Regione Lazio, Provincia e Comune di Roma attraverso la Fondazione – e dopo le dichiarazioni dell’assessore regionale alla Cultura, Lidia Ravera, che a settembre scorso parevano paventare un drastico ridimensionamento, se non addirittura la chiusura, della kermesse capitolina.

“Abbiamo costruito questa edizione in pochi mesi – prosegue Ferrari – fino all’inizio dell’estate non sapevamo cosa volevano fare di noi i nuovi arrivati in Comune e in Regione. Anche per gli sponsor privati, che sono in calo, non è un periodo facile per nessuno: abbiamo ancora un mese di tempo dopo la presentazione di oggi. Speriamo in un ultimo sforzo”.

I titoli in Concorso e Fuori concorso. Tra i 97 titoli, compresi i corti, sparsi tra le varie sezioni, i big del Concorso saranno quindi Take five di Lombardi – storia alla Soderbergh su una spettacolare rapina al Banco di Napoli – il dramma intimista I corpi estranei di Locatelli con Filippo Timi, e il documentario Tir corridoio 5 su un camionista croato, diretto da un esperto documentarista come Fasulo. Gli italiani andranno ad affiancarsi a prime mondiali come Her di Spike Jonze con Joaquin Phoenix; Dallas buyers club di Jean-Marc Vallée con Matthew McConaughey e Jennifer Garner; Out of the furnace di Scott Cooper con Christian Bale e Casey Affleck; Another me di Isabel Coixet con Jonathan Rhys Meyers; e l’evergreen mulleriano Miike Takashi con Mole’s song.

Fuori concorso, invece, vedremo, tra gli altri: L’ultima ruota del carro di Giovanni Veronesi; Hunger games: la ragazza di fuoco con il premio oscar Jennifer Lawrence; The green inferno, il cannibal movie diretto da Eli Roth; Las brujas de Zugarramurdi dello spagnolo Alex de la Iglesia; Snowpiercer, debutto in lingua inglese del coreano Bong Joon-ho; Stalingrad 3D, kolossal russo in prima internazionale. Mentre nella sezione Cinema XXI spicca il nome di Jonathan Demme con Fear of falling e figure di cineasti sperimentali come Yuri Ancarani (Ricordi per moderni) e Zimmer Frei (Mutonia).

Il possibile passaggio di testimone da Muller al duo Bettini-Sesti. Nato nel 2006 grazie all’allora sindaco Veltroni, il Festival del cinema di Roma basa la sua organizzazione economico-finanziaria sulla Fondazione Cinema per Roma presieduta fino al 2011 da Gianluigi Rondi, a cui è succeduto nell’era Alemanno/Polverini, Paolo Ferrari. Stessa cosa è accaduta nel succedersi alla direzione artistica di Marco Muller a Piera Detassis. Centoventimila euro il compenso di Muller per un triennale in scadenza nel 2014 che difficilmente lo vedrà protagonista nel terzo anno. Le voci su un ritorno di fiamma nell’ambito organizzativo di Goffredo Bettini, grazie all’asse politico in Comune e Regione con Marino e Zingaretti, favorirebbero pure l’arrivo, anzi lo spostamento di qualche metro, di Mario Sesti come direttore artistico della kermesse. Sesti, già tra i selezionatori nell’era Detassis, è nell’orbita contrattuale del festival romano occupandosi della rassegna Cinema al Maxxi, l’iniziativa di proiezioni di titoli cult al Museo Maxxi di Roma, che ricalcherebbe un po’ l’idea di festival mulleriana spalmata su un intero anno solare con proiezioni speciali e incontri. “Per me Muller sta qui un altro anno come da contratto”, aggiunge Ferrari, “poi se i soci fondatori (Regione, Provincia, Comune, Camera di commercio e Fondazione Musica, ndr) decidono altro, vedremo”.

Una nomina che andrebbe sulla strada dell’austerity, visto anche l’impegno della Fondazione ad assorbire il lavoro dei collaboratori esterni del Roma fiction fest che sta navigando in un mare di debiti. In fondo è la dimensione art house della visione cinematografica di Muller a non aver mai collimato con l’intricato mondo dei potentati partitici che avevano dato il là alla manifestazione romana sotto l’egida veltroniana. L’esempio più chiaro del difficile dialogo tra un’idea mulleriana di festival ipertrofica, spettacolare, ma pur sempre autoriale, e una più nazionalpopolare è il premio alla carriera che Roma offre postumo al cineasta russo Aleksej Jurevic German, invitato con il suo ultimo lungo, E’ difficile essere un dio, prima che morisse nel febbraio scorso. C’è da chiedersi: in quanti tra il pubblico romano parteciperanno all’evento? A Venezia, Locarno, Berlino o Cannes, affezionati e cinephile sarebbero accorsi, a Roma sarà molto difficile. E alla realizzazione di idee come queste, Muller, si sa, tiene tantissimo.

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