Nel Decreto legge sulla violenza di genere, da poco approvato dal governo, molti sono i dubbi avanzati e vi è anche qualche certezza sulla poca utilità dell’impianto emergenziale con misure di carattere più che altro penale di cui Nadia Somma ha scritto nel suo ultimo post e al riguardo non aggiungo altro, le forti perplessità ci sono e rimangono. Va comunque sottolineato che finalmente arrivano due emendamenti che parlano della presa in carico degli uomini autori di violenza, frutto del lavoro del Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti (Cam) di Firenze, in squadra con forze politiche territoriali, che hanno saputo valorizzare e capire il senso del lavoro che il Cam porta avanti ormai da quattro anni, come prima realtà italiana a farsi carico del problema, e che quindi lo hanno sostenuto fino al suo approdo in Parlamento.

Ecco gli emendamenti che adesso sono legge nel dettaglio:
Legge 1079 del 14/10/2013
All’art. 3
5-bis. Quando il questore procede all’ammonimento ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, come modificato dal presente decreto, e del presente articolo, informa senza indugio l’autore del fatto circa i servizi disponibili sul territorio, inclusi i consultori familiari, i servizi di salute mentale e i servizi per le dipendenze, come individuati dal Piano di cui all’articolo 5, finalizzati a intervenire nei confronti degli autori di violenza domestica o di genere.
Articolo 5
g) promuovere lo sviluppo e l’attivazione, in tutto il territorio nazionale, di azioni, basate su metodologie consolidate e coerenti con linee guida appositamente predisposte, di recupero e di accompagnamento dei soggetti responsabili di atti di violenza nelle relazioni affettive, al fine di favorirne il recupero e di limitare i casi di recidiva.

In pratica si evidenzia la necessità di una presa in carico degli uomini autori e perché questa avvenga è altrettanto necessario attivare dei servizi specifici che siano in grado di farlo, attualmente ben lontani dal coprire il territorio nazionale. Si sottolinea come questo non possa avvenire senza fare tesoro di esperienze nazionali e internazionali già avviate, per muoversi su binari affidabili e consolidati, senza inventarsi niente.

Soprattutto si utilizza negli articoli un linguaggio nuovo, non si parla di “maltrattanti”, ma di uomini autori e di soggetti responsabili di atti di violenza perché il maltrattamento non è una malattia o una etichetta. L’uomo autore di violenza domestica è responsabile del proprio comportamento violento ed è quello che va condannato e modificato, gli vanno dati gli strumenti perché ne diventi consapevole e responsabile, non le scuse per sentirsi malato o da curare, mettendolo in posizione passiva e assolutoria rispetto al problema. Il proprio comportamento si sceglie.

 

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