Questa è una storia politica. E di potere, anche. Una storia tutta lombarda. Di più: brianzola. La storia dell’ospedale San Gerardo di Monza che spende il denaro dei contribuenti a favore di chi per molto tempo è stato a libro paga di un politico che la pubblica accusa definisce corrotto. Denaro sprecato, dunque. Quanto? Resta un omissis. A incassarlo un giornalista, niente meno, ex direttore di un periodico monzese, sospeso per due mesi dall’ordine proprio per i suoi rapporti pericolosi con quel politico che fu, una volta, assessore regionale all’Ambiente, nonché delfino dell’ex governatore Roberto Formigoni. E così dal primo ottobre 2013, il giornalista Marco Pirola (con alle spalle una breve collaborazione con il fatto.it) è stato assunto dalla struttura sanitaria con il compito di “divulgare informazioni in modo da sostenere e migliorare l’immagine dell’azienda sanitaria”. La lettera, una sola pagina, è firmata dal commissario straordinario Simonetta Bettelini in quota Lega nord.

La storia, dunque. Quella di Massimo Ponzoni, enfant prodige del centrodestra, assessore prima, nell’ufficio di presidenza poi. Uomo di Formigoni senza dubbio. Casacca Pdl dall’inizio alla fine. E la fine (politica) inizia nel 2012 quando viene coinvolto nell’inchiesta della Procura di Monza. E’ accusato di corruzione. E solo pochi giorni fa il pm titolare dell’indagine ha chiesto per lui otto anni di carcere. Fino a lì solo dubbi e sospetti. Alcuni anche pesanti. Quelli, ad esempio, di aver incassato i voti della ‘ndrangheta. L’accusa di voto di scambio però non arriverà mai. Qualche conferma, anche dal diretto interessato, invece sì. Si legge nell’ordinanza d’arresto firmata dal gip il 4 gennaio 2012: “ll fatto che una costola dell’organizzazione criminale ‘ndrangheta abbia veicolato voti su Ponzoni, per lo meno in relazione alle consultazioni elettorali regionali del 2005, risulta, peraltro, riferito dallo stesso interessato, il quale, a seguito dell’ottimo risultato conseguito nelle ultime elezioni regionali del marzo 2010, si compiaceva con tale Alessandro di aver fatto a meno, questa volta, dei voti provenienti da quel contesto”. Dice Ponzoni: “Mi sono tolto di mezzi i voti di certi personaggi affiliati a certi clan”.

Insomma, in questa storia, come in molte storie lombarde, la mafia c’è ma non si vede nei capi d’imputazione. Che, però, restano pesanti visto che il pubblico ministero di Monza Donata Costa per descrivere la posizione di Ponzoni (accusato di corruzione, concussione, finanziamento illecito, bancarotta fraudolenta) ha parlato di un sistema di “corruzione ambientale e di scambio di favori», con al centro Ponzoni e la sua “squadra”.

Un sistema che nel tempo ha coinvolto anche l’informazione. Dalle carte dell’inchiesta, infatti, emergeranno tre giornalisti a libro paga dell’influente politico brianzolo che, eletto per la prima volta nel 2005, atterrerà al Pirellone con oltre 15mila preferenze. I cronisti sono Gianandrea Zagato, Carlo Sala e lo stesso Pirola (tutti sospesi per due mesi). Davanti ai pm, Sergio Pennati, socio d’affari di Ponzoni, racconta “di aver dovuto sottoscrivere con i tre giornalisti contratti di collaborazione su richiesta di Ponzoni, che gli aveva riferito che i giornalisti lavoravano per lui”. In totale, riscontrerà la Guardia di finanza, per i tre cronisti l’uomo forte del Pdl spenderà 68.361 euro. In particolare Pirola sottoscriverà due contratti di consulenza con la società In Studios che, stando alle dichiarazioni di Pennati, “è stata utilizzata come società di transito di liquidità nell’interesse di Ponzoni”.

Naturalmente Pirola non finirà mai indagato. Sarà invece sospeso per due mesi dal consiglio dell’ordine dei giornalisti.  La versione di Marco Pirola, però, rimodula la questione. “Intanto – dice – non ho ancora firmato il contratto che comunque terminerà il 31 dicembre. Dopodiché ho scelto, e questo lo farò mettere nero su bianco, di rinunciare ai mille euro (lordi, ndr) di stipendio e di devolvere tutto per la cura dei bambini malati di leucemia ricoverati al San Gerardo”

 

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